Roberto Piccinini
Il costato di Gesù viene trafitto dalla lancia
Pastorale Giovanile, ufficio Liturgico e Seminario
Subito dopo la morte di Gesù l’intero creato si scuote; mentre il Creatore pende dal patibolo, il creato si lamenta elevando alti gemiti. Sant’Agostino fa osservare che l’evangelista non dice che la lancia ha colpito o ferito il Signore, ma che lo ha aperto. Mosè aveva egualmente scritto di Adamo e narrato che, durante il suo misterioso sonno, il Signore, aprendogli il fianco, aveva formato la sua compagna. E come Eva fu tratta dalla costola di Adamo addormentato nell’Eden, così la Chiesa è stata tratta dal fianco di Gesù addormentato sulla croce.
La ferita di Gesù è la porta luminosa da dove esce la Chiesa, e con lei sgorgano due fonti che hanno comune origine, ma che sono diverse nei loro effetti: l’acqua e il sangue. L’acqua che purifica, il sangue che rigenera, secondo quello che dice san Pietro: «Non foste redenti con un prezzo corruttibile, ma con il sangue prezioso di Gesù Cristo» (1Pt 1,18-19). Ed Ezechiele dice: «Verserò sopra di voi acqua monda e sarete mondati» (Ez 36,25). Le case degli ebrei segnate con il sangue dell’agnello pasquale erano state preservate dalla spada dell’angelo sterminatore; i loro nemici erano stati ingoiati dai flutti del Mar Rosso: similmente, o Signore, dal vostro costato aperto sgorgano copiosi l’acqua e il sangue per i quali ogni giustizia è adempiuta. Escono di là i sacramenti, i quali o ci traggono dal male o ci confermano nel bene. Il sangue di Abele sparso gridava vendetta, invece il sangue del nostro Dio gridava misericordia: il sangue del Signore salvò perfino quelli che lo versarono. Sono già scritti nel libro della vita i nomi di coloro che tu, o mio Signore, nel Nuovo Testamento, hai costituito eredi del tuo sangue.
Ludolfo di Sassonia
Dalla liturgia delle ore
Oratorio San Paolo
Nel tuo regno ricordati di noi, Signore, quando verrai nel tuo regno. Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati gli afflitti, perché saranno consolati. Beati i miti, perché erediteranno la terra. Per un albero Adamo fu esiliato dal paradiso, ma per l’albero della croce il ladrone ha preso dimora in paradiso. Adamo infatti, mangiando il frutto, trasgredì il comando del Creatore, ma l’altro, sulla croce con lui, ha confessato il Dio nascosto, gridando: «Ricordati di me nel tuo regno». Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. I trasgressori della Legge comperarono dal discepolo il Creatore della Legge, e come trasgressore della Legge lo presentarono al tribunale di Pilato, gridando: crocifiggilo! Ed era lui che nel deserto li aveva sfamati con la manna. Ma noi imitando il ladrone giusto, gridiamo con fede, ricordati anche di noi nel tuo regno. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia La turba dei giudei, gridava furiosamente a Pilato: crocifiggi il Cristo innocente! Essi chiedevano piuttosto Barabba.
Ma noi leviamo verso di lui la voce del buon ladrone: ricordati anche di noi nel tuo regno. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Il tuo fianco vivificante, o Cristo, come fonte che zampilla dall’Eden, bagna la tua Chiesa, spirituale paradiso e di lì, come da principio, si divide nei quattro vangeli per irrigare il mondo, rallegrare il creato e insegnare alle genti ad adorare con fede il tuo regno. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Sei stato crocifisso per me, per far scendere su di me perdono; hai avuto il fianco trafitto, per far scaturire per me fonti di vita; con chiodi sei stato trafitto, perché l’abisso dei tuoi patimenti mi facesse certo della tua potenza e io a te gridassi: o Cristo datore di vita, gloria alla croce, o Salvatore, e alla tua passione. Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Vedendoti crocifisso, o Cristo, tutto il creato tremava le fondamenta della terra si scuotevano per il timore della tua potenza, le stelle si nascondevano, si squarciò il velo del tempio, sussultarono le montagne, le pietre si spezzarono, e il ladrone credente grida insieme a noi, o Salvatore, il suo “Ricordati!”. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia Sulla croce hai strappato, o Signore, il documento scritto della
nostra condanna, e, annoverato tra i morti, hai incatenato il tiranno che laggiù regnava, liberando tutti dalle catene della morte con la tua risurrezione: per essa siamo stati illuminati, o Cristo Dio nostro, e a te gridiamo: ricordati anche di noi nel tuo regno.
Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Tu che, innalzato sulla croce, hai distrutto la potenza della morte, e hai cancellato, perché sei Dio, il documento scritto della nostra condanna, o Signore, concedi anche a noi il pentimento del ladrone, o solo amico degli uomini, a noi che con fede ti adoriamo, o Cristo Dio nostro, e a te gridiamo: ricordati anche di noi nel tuo regno. Sia questo, o fedeli, il nostro voto: la degna e concorde glorificazione da parte di tutti del Padre, del Figlio e dello Spirito santo, Deità una che sussiste in tre ipostasi, senza subire confusione, rimanendo semplice, indivisibile, inaccessibile. Per essa noi siamo riscattati dal fuoco del castigo. Ti presentiamo, o Cristo, l’intercessione della Madre tua che senza seme ti ha generato nella carne, e che realmente dopo il parto è rimasta vergine incorrotta, o misericordiosissimo Sovrano dona sempre il perdono delle colpe a quanti gridano: ricordati di me, o Salvatore, nel tuo regno.
Ufficio della Santa Passione
Oggi sarai con me in paradiso
Oratorio Sant’Alessandro
Il paradiso era chiuso da migliaia d’anni: oggi la croce ce lo ha aperto. In questo giorno infatti e in quest’ora Dio vi ha fatto entrare il ladrone, compiendo così due cose meravigliose: ha aperto il paradiso e vi ha introdotto un ladro. Oggi Dio ci ha restituito la nostra patria d’origine, oggi ci ha ricondotti alla città del Padre e ha offerto in dono a tutta l’umanità la sua stessa dimora. Oggi – dice in fatti – tu sarai con me in paradiso (Lc. 23, 43). Ma che cosa dici, Signore? Sei lì appeso in croce, confitto con chiodi, e prometti il paradiso? Sì – mi rispondi – perché tu conosca qual è la mia potenza perfino sulla croce. Lo spettacolo era molto triste. E perché non ti arrestassi all’aspetto esteriore della croce, ma giungessi invece a conoscere la potenza del crocifisso, Gesù compie sulla croce questo miracolo che, più di ogni altro, mette in evidenza tutta la sua forza. Si dimostra infatti capace di cambiare l’animo malvagio del ladrone, non già risuscitando i morti o rimproverando il mare e i venti, non mettendo in fuga i demoni, ma proprio stando lì crocifisso, inchiodato, oltraggiato, sputacchiato, fatto oggetto di scherno e di riso, perché tu potessi vedere i due aspetti della sua potenza.
Ha sconvolto infatti tutta la creazione, ha squarciato le rocce e attratto a sé l’anima del ladrone, più insensibile delle rocce stesse. Facendogli dono della sua stima, gli ha detto: oggi tu sarai con me in paradiso. È vero, ci sono dei cherubini a custodia del paradiso, ma egli è padrone anche dei cherubini. E se là è posta a difesa una spada infuocata e roteante, egli ha potere sul fuoco e sulla geenna, sulla vita e sulla morte. Nessun re potrebbe certo tollerare che un ladro o qualcuno dei suoi servi facesse con lui il suo ingresso in città, seduto al suo fianco. Ma Cristo ha fatto proprio questo: entrando nella sua patria santa, vi ha introdotto con sé il ladrone. Facendo così non ha disonorato il paradiso con la presenza di un ladro, né lo ha profanato: piuttosto gli ha reso onore, perché è una gloria per il paradiso avere un Signore, che è capace di rendere degno della beatitudine del cielo perfino un ladro. Così pure quando Cristo introduce pubblicani e meretrici nel regno dei cieli, non lo fa per disonorare questo luogo, ma anzi per la sua gloria, dimostrando così che il Signore del regno dei cieli è abbastanza potente da rendere le meretrici e i pubblicani tanto degni di stima da apparire meritevoli di quell’onore e di quel dono. Un medico viene tanto più ammirato quanto più lo si vede capace di liberare dal male persone affette da malattie incurabili, rendendo loro la salute. Allo stesso modo è giusto ammirare Cristo quando guarisce le gravi ferite di pubblicani e meretrici, riportandoli a un tale stato di salute spirituale da farli apparire degni del cielo.
San Giovanni Crisostomo
Festeggiamo la Croce di Cristo
Oratorio San Pio V e Cuore Immacolato di Maria
Oggi il Signore Gesù è sulla croce e noi facciamo festa: impariamo così che la croce è festa e solennità dello spirito. Un tempo la croce era nome di condanna, ora è diventata oggetto di venerazione, un tempo era simbolo di morte, oggi è principio di salvezza. La croce è diventata per noi la causa di innumerevoli benefici: eravamo divenuti nemici e ci ha riconciliati con Dio; eravamo separati e lontani da lui, e ci ha riavvicinati con il dono della sua amicizia. Essa è per noi la distruzione dell’odio, la sicurezza della pace, il tesoro che supera ogni bene. Grazie alla croce non andiamo più errando nel deserto, perché conosciamo il vero cammino; non restiamo più fuori dalla casa del re, perché ne abbiamo trovato la porta; non temiamo più le frecce infuocate del demonio, perché abbiamo scoperto una sorgente d’acqua.
Per mezzo suo non siamo più nella solitudine, perché abbiamo ritrovato lo sposo; non abbiamo più paura del lupo, perché abbiamo ormai il buon pastore. Egli stesso infatti ci dice: «lo sono il buon pastore» (Gv. 10, 11). Grazie alla croce non ci spaventa più l’iniquità dei potenti, perché sediamo a fianco del re. Paolo ci esorta a celebrare la croce? Perché su di essa è stato immolato Cristo. Dove c’è il sacrificio, là si trova la remissione dei peccati, la riconciliazione con il Signore, la festa e la gioia. Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato per noi. Immolato, ma dove? Su un patibolo elevato da terra. L’altare di questo sacrificio è nuovo, perché nuovo e straordinario è il sacrificio stesso. Uno solo è infatti vittima e sacerdote: vittima secondo la carne, sacerdote secondo lo spirito… Questo sacrificio è stato offerto fuori dalle mura della città per indicare che si tratta di un sacrificio universale, perché l’offerta è stata fatta per tutta la terra. Si tratta di un sacrificio di espiazione generale, e non particolare come quello dei Giudei.
Infatti ai Giudei Dio aveva ordinato di celebrare il culto non in tutta la terra, ma di offrire sacrifici e preghiere in un solo luogo: la terra era infatti contaminata per il fumo, l’odore e tutte le altre impurità dei sacrifici pagani. Ma per noi, dopo che Cristo è venuto a purificare tutto l’universo, ogni luogo è diventato un luogo di preghiera. Per questo Paolo ci esorta audacemente a pregare dappertutto senza timore: «Voglio che gli uomini preghino in ogni luogo, levando al cielo mani pure» (1 Tim. 2,8). Capite ora fino a che punto è stato purificato l’universo? Dappertutto infatti possiamo levare al cielo mani pure, perché tutta la terra è diventata santa, più santa ancora dell’interno del tempio. Là si offrivano animali privi di ragione, qui si sacrificano vittime spirituali. E quanto più grande è il sacrificio, tanto più abbondante è la grazia che santifica. Per questo la croce è per noi una festa.
San Giovanni Crisostomo
Io completo nella mia carne ciò che manca alla passione di Cristo per il suo corpo che è la Chiesa
Pastorale Giovanile, ufficio Liturgico e Seminario
Stiamo per prender parte alla Pasqua: per il momento questo avverrà ancora in figura, anche se in modo più manifesto che nella legge antica. Potremmo dire infatti che allora la Pasqua era un simbolo oscuro di ciò che tuttavia resta ancora simbolo. Ma fra poco vi parteciperemo in modo più perfetto e più puro, quando il Verbo berrà con noi la nuova Pasqua nel regno del Padre (cfr. Mt. 26, 29). Egli, facendosi nostro maestro, ci svelerà allora quello che attualmente ci mostra solo in parte e che resta sempre nuovo, anche se lo conosciamo già. E quale sarà questa bevanda che gusteremo?
Sta a noi impararlo: lui ce lo insegna, comunicando ai discepoli la sua dottrina; e la dottrina è nutrimento anche per colui che la dispensa. Partecipiamo dunque anche noi a questa festa rituale: secondo il Vangelo però, non secondo la lettera; in modo perfetto, non incompleto; per l’eternità, non per il tempo. Scegliamo come nostra capitale non la Gerusalemme di quaggiù, ma la città che è nei cieli; non la città che ora è calpestata dagli eserciti, ma quella che è glorificata dagli angeli. Non immoliamo a Dio giovani tori o agnelli che mettono corna e unghie, vittime prive di vita e di intelligenza, ma offriamogli un sacrificio di lode sull’altare del cielo insieme con i cori angelici. Apriamo il primo velo, avviciniamoci al secondo e fissiamo lo sguardo verso il Santo dei santi. Dirò di più: immoliamo a Dio noi stessi; anzi, offriamoci a lui ogni giorno e in ogni nostra azione. Accettiamo tutto per amore del Verbo; imitiamo con i nostri patimenti la sua passione. Rendiamo gloria al suo sangue con il nostro sangue.
Saliamo coraggiosamente sulla croce: dolci sono quei chiodi, anche se fanno molto male. Meglio soffrire con Cristo e per Cristo che vivere con altri nei piaceri. Se sei Simone il Cireneo, prendi la croce e segui Cristo. Se sei stato crocifisso come un ladro, fa come il buon ladrone e riconosci Dio. Se per causa tua e del tuo peccato Cristo fu trattato come un fuorilegge, tu, per amor suo, obbedisci alla legge. Appeso tu pure alla croce, adora colui che vi è stato inchiodato per te. Sappi trarre profitto dalla la stessa iniquità, acquistati con la morte la salvezza. Entra in paradiso con Gesù, per comprendere quali beni hai perso con la caduta. Contempla le bellezze di quel luogo e lascia pure che il ladrone ribelle, morendo nella sua bestemmia, ne resti escluso. Se sei Giuseppe d’Arimatea, richiedi il corpo di Cristo a chi lo ha fatto crocifiggere e sia tua così la vittima che ha espiato il peccato del mondo. Se sei Nicodemo, il fedele delle ore notturne, ungilo con aromi per la sepoltura. Se sei l’una o l’altra Maria, o Salome, o Giovanna, piangi su di lui, levandoti di buon mattino. Cerca di vedere per primo, la pietra sollevata, d’incontrare forse gli angeli o la persona stessa di Gesù.
San Gregorio Nazianzeno