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Quando Dio lascia bruciare le cattedrali – l’Editoriale di Andrea Antonuccio

Care lettrici, cari lettori, se è vero che cinque passeri si vendono per due soldi, ma «nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio»; e se è vero che anche i capelli del nostro capo «sono tutti contati» (e dunque nulla accade senza un senso), allora la tragedia dell’incendio di Notre-Dame ci impone, per la sua rilevanza, di fare qualche riflessione sul significato di quel che è successo. Vi propongo il mio pensiero: ben lieto, se lo vorrete, di ospitare anche il vostro qui su Voce. Dobbiamo riconoscere, come mi ha scritto in questi giorni un amico, che Dio è veramente un genio della comunicazione. Di fronte all’umanità più annoiata, sazia e distratta (ci siamo dentro anche noi, sia chiaro) di tutta la storia del mondo, Lui ci richiama a Sé con uno schiaffone proprio all’inizio della Settimana santa. E dunque permette che accada un male oggettivo e straziante: lascia che bruci una delle chiese più belle mai edificate dall’uomo, per farci capire che anche il capolavoro più straordinario può valere meno di cinque passeri, se ci si dimentica dell’origine che ha generato quel capolavoro. Quell’origine, una Presenza, che nei secoli ha generato arte, bellezza e carità tra gli esseri umani, e può anche permettere il Male, se serve a far emergere il Bene. La cattedrale in fiamme, cari amici, siamo noi. Ed è a noi che il Mistero si rivolge, chiedendoci di fare memoria nei giorni di Pasqua dell’unico vero Bene che rischiamo di perdere con la nostra distrazione: la fede, l’unico rapporto che per sua natura può reggere l’urto del tempo. L’inevitabile disfacimento delle cose.

Andrea Antonuccio
direttore@lavocealessandrina.it

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