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Il Logos della profezia apre l’Anno pastorale

Vita della diocesi

Domenica a Castellazzo il Vescovo presenta la sua nuova Lettera

Domenica 15 settembre, a partire dalle 15.30, si aprirà l’Anno pastorale 2019-2020 della nostra diocesi nel Santuario della Madonna della Creta a Castellazzo Bormida. Dopo la preghiera iniziale, alle 16 il nostro vescovo presenterà la sua nuova Lettera pastorale, “Il Logos della profezia”. Gli abbiamo chiesto di raccontarcela.

Monsignor Gallese, quest’anno la Lettera ha come oggetto il Libro dell’Apocalisse. Una scelta insolita, almeno apparentemente…
«Mi sono reso conto che questo libro, non troppo considerato, è un testo veramente importante del Nuovo Testamento. Ha una concretezza pastorale straordinaria: per secoli ne abbiamo “strapazzato” l’interpretazione, lasciandolo in balia di psicotici e millenaristi. Ma dopo averlo letto e riletto, studiato e meditato lungamente, ritengo sia di una bellezza affascinante e trasmetta una visione molto serena e gioiosa che, tra l’altro, noi cristiani non abbiamo. A Messa diciamo: “Annunciamo la tua morte Signore, proclamiamo la tua risurrezione nell’attesa della Tua venuta”… ma dentro di noi pensiamo: “Sì, ma fai pure con comodo, non c’è fretta!”. Perché? Perché temiamo che gli eventi apocalittici siano in realtà eventi catastrofici, e non rivelativi di una bellezza, di un incontro e di una gioia. Come se il compito di Dio fosse quello di annientare questa umanità storta, che tra l’altro gli è venuta anche male! (sorride) Certo, l’Inferno esiste e non è vuoto. Ma il Paradiso non è una “Vip lounge” con tutti i comfort, riservata a pochi privilegiati. Il Paradiso è il dono che è pensato per l’umanità, è il destino dell’umanità. E dunque non si può vivere, come spesso facciamo, nella paura che alla fine di tutto ci sia un evento drammatico. Questo è un errore gravissimo, taglia le gambe alla vita cristiana: non è ragionevole essere protesi verso un futuro di condanna».

Questa “bellezza rivelata” come si concilia con il martirio, tristemente attuale, dei cristiani nel mondo? C’è un modo per viverla?
«Sì, l’Apocalisse ci dà un modo per viverla: è la Parola di Dio e la testimonianza di Gesù Cristo. Dove “testimonianza” in greco è “martyrìa”. L’Apocalisse è un’immensa liturgia: la liturgia della parola e la liturgia eucaristica, la mensa della parola e la mensa dell’eucarestia. E questa visione è splendida, perché la modalità con cui Dio realizza le cose è liturgica. La celebrazione di una Messa partecipata bene sconvolge la storia; non solo le persone che sono lì, ma la storia. C’è una modalità di vivere la nostra storia che è una modalità liturgica. Dove per “liturgica” non si intende un ritualismo fine a se stesso, o coreografico. La liturgia è qualcosa di profondo: è l’irrompere della potenza salvifica dell’amore donato dentro la storia dell’uomo. È l’amore di Cristo stesso che entra nel nostro secolo, attraverso la celebrazione liturgica. Un amore che travolge… quando lo sentiamo paragonato a certe nostre celebrazioni c’è da star male! Non le metteremo a posto con degli accorgimenti tecnici, ma solo attendendo veramente il Signore, quando doneremo la nostra vita insieme a Cristo che la dona. E allora sì, saremo sconvolti nel vedere Cristo dentro quella celebrazione».

Nella Lettera lei scrive che lo scopo non è elencare una serie di cose da fare, ma far “entrare” la nostra Chiesa nell’Apocalisse. Che cosa significa?
«Io non voglio dire che non dobbiamo agire, sono uno spirito attivo. Infatti non è quello che Dio vuole. San Paolo, per esempio, è andato a predicare dappertutto, eppure il modo con cui viveva quella attività era riferito a Cristo in modo esplicito e bidirezionale, sempre in attesa della Sua risposta. Presentava a Dio le cose con una convinzione tale che poi le cose accadevano in un modo insperato. E io nel mio piccolo ho sperimentato, anche quest’estate, come il Signore scioglie i problemi. Bisogna affidarsi a Lui, e bisogna essere almeno in due (sorride). Intendiamoci: non perché non possa essere esaudita la preghiera di un singolo, ci mancherebbe; ma perché la vera interazione di Dio è con la comunità che prega insieme nella grande preghiera della Messa: “Ti supplichiamo, applica la potenza della tua risurrezione a questa nostra morte, a questo nostro problema. Fa’ che risorgiamo, conduci tu la nostra comunità alla soluzione”. Dopo di che ci sarà anche tutta la parte della fantasia delle persone che non mancheranno di fornire con intelligenza il loro contributo: il Signore si serve anche di questo».

Che tipo di lavoro sulla Lettera pastorale suggerisce alle comunità, da domenica in poi?
«Di leggerla, innanzitutto. Poi ne parleremo al discernimento comunitario e faremo durante l’anno un incontro mensile, nel mese di ottobre. Il mio augurio è di metterci in cammino insieme, per entrare nell’Apocalisse!».

Andrea Antonuccio

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