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Il “Var”, tanto discusso quanto sconosciuto

La testa e la pancia

Un aiuto tecnologico ai direttori di gara che non convince ancora

Premettendo il fatto che la cultura del sospetto è insita nella mentalità (sovente bacata) del popolo italico e che il fenomeno della moviola, dei processi del lunedì e dell’appello del martedì è tipicamente nostrano; altresì premesso il fatto che solo in Italia si fa fatica ad accettare che i migliori vincano e si pensa che i direttori di gara siano, spesso e volentieri, in malafede (nella migliore delle ipotesi condizionati, parola che dice tutto e niente, nella peggiore venduti), ecco che l’introduzione del “Var” sembrava aver posto definitivamente termine ad ogni controversia.

E invece no. Il Video assistant referee, cioè l’assistente video del direttore di gara (questo l’esatto significato dell’acronimo) si è rivelato, e a mio sommesso avviso è, uno strumento preziosissimo non solo perché è tecnologico, dunque sinonimo di progresso, ma anche perché è oltremodo fondamentale nell’individuare se c’è stato o meno un contatto, se un giocatore era o meno in posizione di offside, se la fatidica sfera aveva varcato l’ancor più sospirata direi linea di porta o ancora se una manina si era allungata dove proprio non avrebbe potuto. Ebbene, sin qui la tecnologia arriva laddove i riflessi e l’occhio umano spesso non riescono a giungere e, tanto a scongiurare qualsiasi ipotesi di malafede in capo al direttore di gara quanto a risolvere quei dubbi che la retina non ha sollecitamente fotografato, si rivela obiettivamente provvidenziale.
Ma, come in tutte le cose, vi è un rovescio della medaglia. Già, perché la visione delle immagini al rallentatore fa apparire come violenti certi contatti che a velocità normale non lo sono o particolarmente dolosi e imperdonabili alcuni tocchi di mano che, sempre in condizioni di ordinarietà, il direttore di gara potrebbe lasciar correre come del tutto involontari o inevitabili.

Sia ben chiaro, questo non è affatto un buon motivo per rinunciare ai benefici del progresso ma fa capire quanto la tecnologia da sola non sia mai sufficiente ma debba sempre essere accompagnata a una obiettiva rivisitazione della realtà dei fatti nel loro oggettivo, dinamico e normale svolgimento. Chiarito questo, resta poi il dubbio di quei direttori di gara che anche al cospetto di immagini “Var” apparentemente inconfutabili, riescono a decidere di testa loro: ma questo è un mistero che deve ancora essere svelato…

Silvio Bolloli

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