Con coraggio e speranza, per vivere l’autismo giorno dopo giorno
Gianni e la storia di suo figlio Alberto, ragazzo autistico di Torino nato nel ’76.
Gli incontri che hanno dato luce al loro futuro
Avete mai provato a entrare in un locale affollato e non resistere al rumore che vi circonda? Avete mai chiuso gli occhi perché la luce che entrava dalla vostra cameretta era troppo forte? Avete mai provato a comunicare qualcosa senza riuscire a esprimervi?
Questi sono solo alcuni (pochi, pochissimi) sintomi che prova quotidianamente una persona autistica. È difficile mettersi nei loro panni, capire il loro comportamento e vedere il mondo con i loro occhi. Un mondo, totalmente diverso da come ce lo immaginiamo, in cui abbiamo anche un po’ di timore a entrarci. Perché in fondo siamo quasi tutti così: fino a quando un problema non ci tocca direttamente, non sentiamo il bisogno di informarci o metterci nei panni di chi soffre. Perché dovrebbe proprio capitare a me, a un mio parente o a un mio amico? Anzi a volte, con un velo di scaramanzia, pensiamo: «Meglio non parlarne perché poi succede davvero». E quando poi succede davvero si viene risucchiati dalla paura e dall’incertezza per il futuro.
Le stesse sensazioni che hanno provato Gianni Massobrio e la sua famiglia quando hanno scoperto che loro figlio Alberto (nella foto qui sopra), un “ragazzone” di Torino nato nel ’76, era autistico. In quegli anni questa disabilità era quasi sconosciuta, pochi ne avevano sentito parlare, almeno in Italia. Ma comunque «bisogna avere coraggio e speranza» ci dice Gianni a fine intervista. Quel coraggio e quella speranza che Alberto e la sua famiglia ricevono dai tanti incontri che danno luce al loro futuro. Prima quello con il dottor Carl Delacato, medico di Philadelphia e collaboratore con il centro per l’autismo di Avezzano (Aq), che identifica la disabilità di Alberto e con una terapia ridimensiona i suoi problemi. Poi l’esperienza del Sermig di Torino che ha rafforzato la loro fede. E infine la terapia del dottor Roberto Keller, direttore del Centro autismo regionale per adulti di Torino. Una realtà davvero importante che segue in Piemonte 650 persone autistiche e le loro famiglie. Perché «il soggetto autistico “sparisce” dopo i 18 anni» e rimane tutto il peso sulle spalle delle famiglie. Abbiamo fatto qualche domanda anche al dottor Keller: siamo partiti dal Centro e dai numeri, per arrivare a parlare del Balovaptan, il primo farmaco al mondo per i sintomi core dell’autismo che si sta testando e forse un giorno entrerà in commercio. “Tu prova ad avere un mondo nel cuore e non riesci ad esprimerlo con le parole”. Cantava in un suo celebre brano Fabrizio De André. In questo mondo, quello dell’autismo, è davvero difficile entrare e bisogna farlo con delicatezza. Noi ci abbiamo provato e continueremo a farlo, perché temi come questo vanno affrontati e conosciuti fino in fondo. Per continuare a dare «coraggio e speranza» per il futuro dei tanti “ragazzoni” come Alberto.
In cinque punti
speciale a cura di Alessandro Venticinque