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Dio nella letteratura

Martedì d’avvento

Dopo l’incontro con don Oreste Aime, appuntamento il 17 dicembre

Martedì 10 dicembre secondo appuntamento con i Martedì d’Avvento, organizzati dalla Diocesi in collaborazione con il Centro di Cultura dell’Università Cattolica e il gruppo alessandrino del Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale (Meic). “Le immagini di Dio nel nuovo millennio nella letteratura” è stato il tema affidato a don Oreste Aime (nella foto sotto), già direttore della sezione di Torino della Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale, filosofo della religione, che, ha ricordato Barbara Viscardi nel presentarlo, ha dedicato particolare attenzione nei suoi studi ai nessi fra letteratura e religione, come si evince, tra l’altro, dalle sue numerose pubblicazioni.

Partendo da alcuni testi, che è stato possibile leggere in fotocopia, don Aime ha proposto una meditazione in 11 stazioni, un percorso dal nulla alla luce, dalla morte alla vita, nella convinzione che i poeti, come i romanzieri, i registi, i pittori, sono “alleati naturali nella ricerca del trascendente”, anche se non si dichiarano credenti. Come ricorda Timothy Radcliffe, ha affermato don Aime, “Se lottano con la complessità dell’esperienza umana, con i nostri meravigliosi e fallaci tentativi di amare, possiamo imparare da loro. E se ci vedono imparare da loro, allora, chissà, potrebbero anche loro imparare da noi”.
Si è iniziato da uno degli ultimi testi scritti da Eliot, nel quale il poeta, definendo la vita come ricerca, pone alla fine dell’esplorazione il punto di partenza, l’inizio, e lo fa coincidere con la conoscenza; per arrivare a Bianca Dorato, poetessa che scrive in un raffinato dialetto piemontese e si inserisce in un filone mistico: “La Blessa a l’è calà ‘nt sa mota/sombra, e l’escrosa a l’ha gità dossor” (“La Bellezza è discesa in questa zolla oscura e la ripugnante ha germogliato dolcezza”). Il tema del nulla è stato avvicinato con una poesia di Mark Strand: “To know/at last that nothing is more real than nothing” (“Sapere alfine che nulla è più reale di nulla”). Il testo di Emilio Isgrò, invece, ha proposto una riflessione su morte e vita a partire dalla “strage bianca/di migranti che cantano sul mare.” Un Dio cercato come “antico amore” è quello che compare nei versi di Mariangela Gualtieri, un “dio come l’acqua di un bicchiere” quello proposto da Guido Oldani. Tomas Tranströmer e Yves Bonnefoy riconoscono la presenza dell’infinito nella struttura di una chiesa: il primo nella simbiosi tra le volte che si susseguono e le persone, il secondo nella distruzione di un incendio (come non pensare a un’anticipazione profetica del rogo di Notre Dame) “ove rischiararono i segni è quasi l’alba”. Di Mario Luzi don Aime ha proposto un testo tratto da “Dottrina dell’estremo principiante”; si è sempre principianti, la verità è un lampo accecante che agisce “misteriosissimamente”. Il paesaggio delle colline di Montepulciano è lo strumento con cui Adam Zagajewski propone la “mistica per principianti”, mentre François Cheng, Accademico di Francia, propone una domanda inquietante: “Viendras-tu à l’heure, Seigneur?” (“A quell’ora verrai, Signore?”), nel momento in cui “L’heure donc est venue” (“E dunque venuta l’ora”).

Il vescovo ha concluso la serata ricordando che Gesù è partito dalla luce ma ha scelto di farsi nulla, in un paese piccolo, rifiutato da tutti, e lì siamo chiamarti a riconoscerlo. Il prossimo e ultimo appuntamento è per martedì 17 dicembre alle ore 21, sempre nell’auditorium San Baudolino, con don Roberto Repole, direttore della sezione di Torino della Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale, che ci parlerà del Dio dei teologi.

B. V.

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