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I moderni eroi dell’automobilismo

La testa e la pancia di Silvio Bolloli

Era il 25 Aprile del 1982, a Imola si correva il Gran Premio di Formula 1 con una lotta serrata tra le due “Renault”, condotte da Alain Prost e René Arnoux – tra i primi ad avere introdotto il turbo-compressore in Formula 1 e le “Ferrari” affidate all’idolo della folla Gilles Villeneuve e al velocissimo francese Didier Pironi. In conseguenza di più o meno assortiti cedimenti meccanici, prima l’una poi l’altra vettura transalpina furono costrette al ritiro sicché il Gran Premio si presentò come un assoluto dominio delle “Ferrari” tant’è che, ai box della scuderia di Maranello, esposero un cartellone con la scritta “Slow” che Villeneuve interpretò come invito a mantenere le posizioni. Per il mitico Gilles non si trattava di una novità avendo egli già rispettato gli ordini di scuderia nel 1979 – tre anni addietro – quando aveva accettato di coprire le spalle al compagno sudafricano Jody Scheckter consentendogli di laurearsi campione del mondo ma il Pironi dell’82 non era il Villeneuve del ‘79 e, allo stesso giro, in spregio al cartello esposto ai box, superò Gilles. Appena quattro giri e questi si riprese il comando ma, alla cinquantaduesima tornata, Pironi ancora lo superò.

Le due “Ferrari” – che avevano letteralmente in pugno la corsa – rischiarono una clamorosa e suicida auto-eliminazione quando al penultimo giro Villeneuve si portò in testa ma all’ultimo Pironi lo scalzò definitivamente, forse profittando dello stato d’animo rabbioso e poco lucido di Gilles, e conquistando, per la prima da quando era in “Ferrari”, il gradino più alto del podio. Leggendarie sono rimaste le immagini di Gilles con il volto funereo sul palco della premiazione, secondo al traguardo ma più deluso che se avesse subito la sconfitta più cocente della carriera. Le cronache, ma soprattutto i resoconti degli anni a venire, in modo particolare quelli della vedova del grande canadese, ci dicono che il velocissimo pilota d’oltreoceano si era sentito tradito dalla “Ferrari” che, al momento opportuno, non gli aveva restituito il favore di riconoscergli il ruolo di prima guida così come era stato fatto con Jody Scheckter nel 1979. Questo fece scattare in Gilles un sentimento di rabbia, forse rancore misto a desiderio di rivincita che lo animò in occasione delle prove del Gran Premio successivo a Zolder, in Belgio, l’8 maggio 1982, in occasione dell’ultimo giorno di qualifiche prima del Gran Premio previsto per l’indomani. Ma erano le 13,52, mancavano solo otto minuti alla fine delle qualifiche e Pironi era, al momento, più veloce di Gilles. Il canadese si lanciò allora in pista con tutta la rabbia che aveva in corpo, quel misto di audacia e spregiudicatezza che aveva spinto il mitico Enzo Ferrari a paragonarlo a Tazio Nuvolari ma, in occasione di un rettilineo lanciato, in un punto stranamente non coperto dalle telecamere, ebbe la sventura di impattare violentemente contro le ruote posteriori della “March” di Jochen Mass che fecero da trampolino alla sua “Ferrari” la quale cominciò a piroettare in aria come un missile impazzito finché, dopo un’ultima drammatica capriola, eiettò il suo stesso pilota che, come una tragica stella cometa, terminò la propria corsa contro le recinzioni del Circuito perdendo la vita. Quell’annata era però destinata a rimanere maledetta perché anche Didier Pironi, il 7 agosto, in occasione delle prove del Gran Premio di Germania, si schiantò a folle velocità contro la “Renault” di Alain Prost riportando lo sfracellamento delle gambe che solo un autentico miracolo di chirurgia gli permise di non vedersi amputate ma che determinò, anche per lui, la fine della carriera. Il francese non si diede però per vinto e si riciclò come ottimo pilota di motonautica ma anche il suo destino era segnato poiché perse la vita, nel 1987, in un incidente col suo Off-shore presso l’Isola di Wight.

Rileggendo con il senno del poi quegli eventi così eroici e tragici, una sorta di “Iliade” dell’automobilismo moderno, possiamo pensare che Villeneuve non avesse subito un’ingiustizia così grande forse perché Enzo Ferrari, da straordinario conoscitore di piloti e uomini quale era, aveva intuito in Pironi una velocità che avrebbe potuto forse essere anche superiore a quella di Villeneuve e quindi inteso che, per i migliori risultati della “Ferrari”, sarebbe stato opportuno non limitarlo ma consentire ai piloti di battagliare tra loro (decisione, quest’ultima, comunque molto rischiosa e oggi da quasi tutte le squadre osteggiata). Eppure, di quella rivalità terminata in maniera così drammatica, resta oggi la più bella eredità: cinque mesi dopo la morte di Pironi, la moglie, incinta al momento del tragico incidente di mare in cui il marito perse la vita, diede alla luce due gemelli, entrambi di sesso maschile. Li chiamò Gilles e Didier.

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