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Il vero digiuno è quello dal male

Quaresima 2020

Intervista a don Giuseppe Bodrati, parroco di Valenza

Sono state rinviate le celebrazioni del mercoledì delle Ceneri (Leggi anche: L’intervista a don Giovanni Guazzotti), causa coronavirus. Ma oggi, domenica 1° marzo, è la prima domenica di Quaresima. Abbiamo così chiesto a don Giuseppe Bodrati, parroco della comunità di Valenza, di raccontarci come vive il “suo” tempo quaresimale.

Don Giuseppe, che cos’è per lei la Quaresima?
«La Quaresima è un tempo di grazia. Un tempo in cui ci prepariamo per la celebrazione più significativa dell’Anno liturgico, la Pasqua di resurrezione. Siamo invitati a percorrere un cammino di ricerca essenziale che ci porta verso il Signore. Un tempo di benedizione, non tanto di sacrifici in ricerca delle cose che contano nella vita».

Qual è la Quaresima che ha nel cuore?
«Un po’ tutte sono particolari. Sicuramente, quest’anno ha una rilevanza particolare, che ci obbliga a modificare i segni e le celebrazioni. È un’opportunità anche per pensare seriamente a come impostiamo la nostra vita e il nostro cammino. E anche per noi sacerdoti è un momento per riflettere su come proponiamo questo percorso di fede».

Come possiamo vivere questo periodo in preparazione alla Pasqua?
«Penso non sia una questione di rinuncia alle cose. Il vero digiuno che dobbiamo fare è dal male. Evitare i comportamenti che feriscono noi stessi e i nostri fratelli. Cercare di riannodare rapporti, rivedere posizioni che magari creano tensione anche nelle comunità. Un cammino penitenziale che parte proprio dal momento delle ceneri, con i due ammonimenti: “Convertitevi e credete al Vangelo”, e “polvere sei e in polvere ritornerai”. Ci rendiamo conto di essere poca cosa se non ci facciamo plasmare da Lui».

Come dicevamo prima, non si celebreranno le Ceneri (Leggi ancheIl messaggio del vescovo di Alessandria a sacerdoti e fedeli sulla chiusura delle chiese per il coronavirus). Come possiamo leggere questo particolare momento?
«Bisogna leggerlo come un’opportunità. Non entro nell’ambito medico scientifico, perché non mi compete. Ma da come vedo reagire i fedeli della mia comunità, sento che c’è una riscoperta personale della preghiera. Come annunciato dal vescovo, le chiese rimangono aperte, ma non si svolgono le Messe. In questo periodo, in cui cambiano le nostre abitudini, ci affidiamo nelle mani del Signore».

Come sta andando la sua “avventura” a Valenza?
«Devo dire che sono molto soddisfatto. Le comunità valenzane sono vivaci. Ormai cinque delle sei parrocchie in città fanno riferimento a un unico parroco, quindi stiamo cercando di unificare le attività e andare in un’unica direzione. Nel segno di collaborazione e comunione».

Alessandro Venticinque

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