“La testa e la pancia” di Silvio Bolloli
Il calcio, veramente, non ha pace: in un’Italia che si è trovata, improvvisamente e senza preavviso (come bene ha ricordato il Premier, Giuseppe Conte), a fronteggiare un autentico dramma storico, con una mortalità che in certe località è aumentata di botto del 400%, con una situazione in cui non si posson più abbracciare nemmeno i più stretti congiunti per il timore di poter prendere, o trasmettere, il terribile Covid-19 e con una economia in ginocchio che non si sa come, e in che condizioni, potrà ripartire dopo una simile prova, il calcio continua ad essere oggetto di discussione da parte dei suoi stessi addetti ai lavori (leggi anche Calciatori e sindacato tra privilegi e “lagne”).
Archiviata (ma solo in parte) la querelle intorno alle boutades di presidenti quali Lotito e De Laurentiis, fieri sostenitori della necessità di cominciare ad allenarsi e, almeno per il momento, accantonata anche la rovente polemica (di cui ci siamo già occupati) con il Sindacato dei calciatori per l’imperdonabile onta di aver voluto ridurre gli ingaggi dei professionisti del pallone in assenza di preventivo accordo, adesso si discute di quando e come si potrà ripartire.
Le massime autorità europee hanno già hanno già detto la loro affermando che i campionati nazionali dovranno avere la precedenza rispetto alle grandi competizioni continentali (leggasi Champions League ed Europa League), per le quali si prospetta addirittura una conclusione agostana, magari con un cambiamento di formula che possa prevedere degli incontri ad eliminazione diretta, ed ecco che già, dalle nostre parti, qualcuno si è sbilanciato e, forte della presunta investitura ottenuta in sede comunitaria, nonché frettoloso di voler riprendere il munifico campionato, ha ipotizzato, quale possibile, la data del 4 maggio.
A me sono tornate alla mente le parole di quello scienziato che, solo pochi giorni or sono, davanti alle telecamere di uno dei canali nazionali di maggior diffusione, ha confermato che solo a vaccino somministrato si potrà pensare di ritornare alla normalità e mi sono del pari sovvenute le immagini della città in cui tutto ebbe inizio, la tristemente celebre Wuhan, la cui “fase due”, cioè a dire quella di cosiddetta convivenza con il Virus, ci sta regalando cartoline di enormi centri commerciali semi-deserti, con pochi clienti rigorosamente “mascherinati” e a distanza di sicurezza l’uno dall’altro, peraltro previamente sottoposti a pit-stop agli ingressi ond’essere assoggettati a controllo della temperatura corporea.
E allora penso che ipotizzare la data del quattro maggio non sia tanto prematuro, quanto, piuttosto, fantasioso e, da appassionato, resto dell’idea che le migliori energie e le maggiori attenzioni dell’italica gente, in questa stagione dell’anno e della vita di ciascuno, dovrebbero essere rivolte a qualche cosa di più grande e serio della nostra, pur sublime ed amata, ars pedatoria.