Testimoni della sua resurrezione:
un percorso in quattro puntate, alla scoperta delle rivelazioni di Gesù
Torniamo un poco alle premesse perché ci permetteranno di attualizzare nella Chiesa di oggi l’esperienza degli Apostoli.
I tempi liturgici portano in sé una grande forza: ci aiutano a vivere il mistero, una grazia particolare; però constatiamo che, se da una parte viviamo con intensità il tempo della Quaresima, con le sue tappe, il suo continuo stimolo alla conversione e all’apertura al Signore, dall’altra giunti alla Pasqua, si ha come la sensazione che avvenga una sorta di “liberi tutti”; come se lo sforzo ascetico venisse meno perché finalmente si è raggiunta la meta e viviamo nella gioia della Risurrezione, ci sentiamo emotivamente più leggeri, inseriti nel tema gioioso della Pasqua rischiando però di perdere di vista che si apre invece un tempo “forte”, un tempo di particolare formazione da parte di Gesù sulle cose di Dio, soprattutto per ciò che riguarda il suo regno e la missione della Chiesa nel mondo.
La Pentecoste poi chiuderà il tempo Pasquale e inizierà il tempo ordinario, che non è un tempo di serie B ma è il cosiddetto “tempo della chiesa”, il tempo cioè in cui la Chiesa, guidata e formata dal Risorto, si rende disponibile ad accogliere lo Spirito Santo e si dedica all’evangelizzazione, alla diffusione del regno di Dio.
La missione non è un fatto meramente tecnico, una semplice conseguenza della risurrezione, come se i discepoli entusiasti per ciò che è avvenuto, iniziano a raccontare ai quattro venti la passione, morte e risurrezione di Gesù. Essa è piuttosto il frutto di una formazione che il Signore Risorto offre ai suoi discepoli, grazie alla quale li costituisce Apostoli (cioè: inviati); al termine dei quaranta giorni, prima di ascendere al Cielo, Gesù ha concluso la formazione, sono pronti per andare ma chiede loro di attendere ancora dieci giorni, più precisamente fino alla Pentecoste, quando lo Spirito si poserà con forza su di loro ponendo il suo sigillo di fuoco nel loro cuore.
La missione che ne seguirà sarà allora la testimonianza dell’incontro con Gesù vivente, la scoperta del suo amore che salva, la possibilità della Vita senza fine, della salvezza dal male. Nella Chiesa di ogni tempo – e quindi anche oggi – il Signore Risorto si rende presente per formare i suoi discepoli alla missione e tale formazione consiste nel fare una profonda esperienza di Lui, come la vediamo racchiusa e illustrata dal Vangelo di Giovanni nei capitoli che vanno dal 14 al 17. In essi, è come contenuto un percorso spirituale per entrare nel cuore di Gesù, cioè nel mistero di Dio.
Non a caso questi discorsi sono collocati dall’evangelista nel contesto dell’ultima cena, e quindi nel contesto dell’Eucarestia come a voler esporre il significato profondo di questo Sacramento. L’eucarestia contiene ed esprime il mistero pasquale del Cristo morto e risorto e quindi contiene anche l’esperienza storica che la Chiesa (gli apostoli) fa nella Pasqua mentre il Risorto appare e “parla del regno di Dio”.
Non è un caso se le apparizioni di Gesù dopo la risurrezione, sono quasi sempre inserite nel contesto della frazione del pane e, a partire da essa, sgorga un’esperienza nuova del Vivente e una comprensione più profonda del suo mistero. Insomma: l’Eucarestia è la porta di accesso all’esperienza pasquale della Chiesa degli apostoli e al contempo l’accesso all’intimità divina, al mistero dell’inabitazione Trinitaria e luogo di “formazione” del discepolo e della Chiesa ad essere “segno”, “sacramento” del Signore, perché la missione non consista solo nel parlare di qualcosa, ma soprattutto nel rivelare una Presenza. È in questo senso che il Concilio Vaticano II nella Lumen Gentium n° 11, definisce l’eucarestia: “fonte e culmine della vita della Chiesa”.
Mi piace quindi pensare che quei capitoli di Giovanni (dal 14 al 17), inseriti nel contesto dell’ultima cena, contengano anche le parole che Gesù risorto rivolse ai suoi discepoli nelle apparizioni, mentre parlava loro del Regno di Dio e di come entrarvi; ricordate quando Gesù disse a Nicodemo: «In verità, in verità ti dico, se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio». (Gv 3,5)?
A cura di padre Giorgio Noè