Speciale Settimana sociale/3: parla Matteo Loro
Matteo Loro, classe 1997, è al primo anno di mandato come animatore di comunità del Progetto Policoro, avviato nella nostra Diocesi nel 2018. È il più giovane dei tre delegati che, insieme con il nostro Vescovo, ha partecipato alle Settimane Sociali di Taranto.
Matteo, qual è l’aspetto che ti ha colpito di più alle Settimane Sociali di Taranto?
«Mi è rimasta impressa la quantità di persone riunite sotto l’unico interesse. Un mettersi in gioco, discutere, fare proposte, parlare, essere presenti in un momento storico come questo. Quattro giorni davvero profondi, in cui tutti gli ospiti sono stati fantastici, non ho avvertito parole di facciata, ma c’era sempre del cuore dietro a ogni intervento. Ma anche tanta rabbia nel vedere che la situazione non sta cambiando, ma sta andando in una direzione peggiore. E poi una frase che ci è stata ripetuta spesso: “Ci sono tanti giovani”. Ed è stato proprio così».
Appunto, circa un terzo dei partecipanti era under 35, questo riflette bene il vento di cambiamento, tra manifestazioni e svolte “green”, avvenute in questi ultimi anni. Perché i giovani hanno preso a cuore il tema ambientale?
«Abbiamo preso visione di quanto sta succedendo nel mondo, anche grazie alle informazioni che circolano. Oggi siamo molto più informati, per esempio, su cos’è l’Ilva, e sappiamo in che modo queste realtà lavorano. È probabile, invece, che la generazione precedente non abbia potuto usufruire di questi mezzi di informazione. Questa forte voglia di cambiamento dovrebbe nascere in tutti, perché dovremmo essere interessati a quello che respiriamo, mangiamo e tocchiamo: è il nostro mondo. Se l’ambiente in cui viviamo è bello e pulito, stiamo bene tutti. Alle Settimane Sociali abbiamo approfondito anche la realtà di Taranto, una città che vive in un ambiente inquinato, in cui a rimetterci la salute sono tutti: abbiamo parlato della mortalità infantile e dell’aumento di tumori nella popolazione. Dati impressionanti, che lasciano a bocca aperta e fanno riflettere. Proprio di fronte a situazioni di questo tipo, è il compito di tutti, soprattutto dei più giovani, prendere coscienza di questa situazione».
Tu, come animatore del Progetto Policoro, a cosa ti sei interessato?
«Mi sono interessato soprattutto alle tante idee lanciate dai relatori e ai gruppi di lavoro. Partecipato alla parte più educativa, ho sentito molti ragazzi che hanno fatto proposte concrete, sul territorio e nei quartieri in cui vivono, riguardo all’ambiente. Per esempio, una direttrice di una scuola in un paese in Puglia ha fatto risanare un intero quartiere, partendo dalla piantumazione degli alberi in una pizza e in diverse scuole. Ha notato che il verde stava sparendo, ha preso a cuore questa proposta, coinvolgendo altre scuole, ci ha creduto e ha fatto tornare a respirare il suo paese».
Nel quotidiano, come vivi il cambiamento?
«Prima di incolpare le gigantesche imprese, che inquinano tantissimo ed è sbagliato, dobbiamo essere noi, in primis, a cambiare il loro modo di vivere e lavorare. Se svolgono queste attività con successo vuol dire che hanno una forte domanda, ma se la domanda iniziasse a diminuire, anche loro si renderebbero conto che è il momento di cambiare direzione, prendendone una più ecologia e anche più economica. Personalmente, facendo l’educatore in una scuola, più di prima sto cercando di convincere i genitori a far portare ai bambini le borracce, al posto della bottiglietta di plastica. Ma anche a non rompere le posate e i bicchieri di plastica, per sprecarne il meno possibile. Per il cambiamento ci va ancora tanto tempo. La nostra generazione può proporre, far sentire la voce, ma il cambiamento vero arriverà solo dal momento in cui insieme si deciderà di fare scelte diverse. Per il bene di tutti».
Alessandro Venticinque