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«L’unico spiraglio di luce è Cristo»

Dopo il tragico incidente di Cantalupo

Che cosa si può dire di fronte alla morte
di Lorenzo Pantuosco, Denise Maspi e Lorenzo Vancheri?
Lo abbiamo chiesto al nostro Vescovo, monsignor Gallese

Eccellenza, dopo il tragico incidente accaduto nelle prime ore del mattino di domenica scorsa a Cantalupo, ora più che mai ci troviamo di fronte al dramma della morte. E di una morte “assurda”, che ha stroncato tre giovani vite. Sembra che lo “scontro” di posizioni sia tra chi sproloquia, sui social e non solo, e chi chiede, anzi impone, il silenzio su questi fatti. Lei ha qualcosa da dire?
«Questa tragedia ci mette di fronte all’assurdità del dolore e della morte. Un’assurdità che colpisce duramente l’essere umano, qualunque essere umano, che non può che rimanere sgomento di fronte alla fine prematura della vita di tre giovani. E non può che interrogarci… Umanamente si tende a guardare alle catene di cause ed effetti, e a riempire le fosse col “senno di poi”. Ma i “se” e i “ma” non spostano i termini della tragedia. La tragedia rimane, e rimane la piccolezza dell’uomo di fronte al mistero della vita. Ci troviamo, non per nostra volontà, a nuotare nel mare dell’esistenza, da cui a un certo punto usciamo. E, comunque, anche il fatto di uscirne in là con gli anni non cambia nella sostanza la terribile radicalità della finitezza dell’uomo.

In questo caso sono morti dei ragazzi giovanissimi, Eccellenza.
«Quando a morire sono dei giovani questa cosa, che esiste per tutti, diventa ancora più drammatica e bruciante. Abbiamo la consapevolezza che ci sono delle persone che avrebbero, secondo natura, dovuto arrivare alla maturità, a vivere questa vita più intensamente, più profondamente. Purtroppo di fronte a questi problemi, umanamente, non riusciamo a dire delle parole sensate. E l’unica parola che rimane davanti al nostro sguardo è la Parola fatta carne: è Cristo che, proprio in questo tempo di Avvento, viviamo nell’atteggiamento dell’accoglienza. La stranezza è che Dio si è fatto uomo proprio nella totalità di questa vita, compresa la sua mortalità. Dio si fa mortale e arriva effettivamente a morire, per giunta per torture, in un modo ingiusto, cattivo; e proprio attraverso l’atto di aver vissuto la propria morte ci salva e, prima di morire, nel corso della sua breve vita pubblica ci promette la risurrezione, la vita eterna. Ecco, questo è l’unico spiraglio di luce che abbiamo, in questo oceano di amarezza e di dolore. Perché ci è stata promessa un’altra vita, ed è lì che si orienta la speranza».

E questo basta?
«In questo momento di dolore, in cui ci stringiamo veramente con affetto alle famiglie che sappiamo essere nella desolazione, nel “morso” del lato più assurdo della nostra vita terrena, ecco, questa desolazione può essere lenita solo da Colui che è venuto a portarci la Sua presenza, a condividere il nostro destino anche nella sua parte più brutale, più ingiusta, più cattiva, più immeritata. Ed è venuto a dire: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”».

L’alternativa a questa visione della realtà è che tutto, alla fine, è assurdo.
«L’alternativa non l’abbiamo ancora trovata, umanamente parlando. E parlo da filosofo, adesso. Non abbiamo ancora trovato una risposta né alla sofferenza né alla morte. Ma dire che tutto è assurdo a me non sembra una visione razionale. Perché, per essere assurdo, ci deve essere una ragione per cui lo è. E mi spiego. Dal punto di vista razionale, quando percepiamo questa situazione come assurda è proprio perché, seminato nel nostro cuore, abbiamo un concetto di qualcosa di eterno. Altrimenti non riusciremmo a cogliere l’assurdità. Come filosofo, dunque, non posso dire che è assurda se non nel momento in cui avverto, paradossalmente, che c’è qualcosa di eterno. E questo contrasto è terribile. Terribile. Perché le nostre relazioni, soprattutto le più strette, quelle familiari, hanno il sapore dell’eterno».

Anche chi ha fede soffre.
«Certo che soffre! Certo. Ma anche Gesù ha sofferto. Non è venuto a schioccare le dita e a mettere tutto a posto. Anche Lui ha sofferto, però è venuto a vivere questa sofferenza per darci un appiglio, una speranza, una luce che vedremo in pienezza nella vita eterna. Perché è venuto per darci la vita, e perché l’abbiamo in abbondanza».

Oggi però la nostra società non è più cristiana, Eccellenza, per cui queste parole possono anche sembrare un po’ fastidiose… non c’è più una sensibilità pronta ad accoglierle.
«Possono sembrare consolatorie, in un modo qualunquista. Ma se ho qualcosa che può aiutare chi è in difficoltà, dentro il cuore sento il dovere di condividerlo».

Qualcuno potrebbe anche dirle che lei è un prete, e i preti in fondo devono parlare così.
«Il prete parla così perché ha sperimentato, ha visto che l’unico conforto nella vita si trova nel Signore».

Ancora una cosa, Eccellenza. Se avesse davanti i familiari di queste vittime, cosa farebbe?
«Li abbraccerei».

E poi?
«E poi basta».

Andrea Antonuccio

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