Home / Prima pagina / Paginone / Abusi sui minori nella Chiesa e stampa: il report di Volocom

Abusi sui minori nella Chiesa e stampa: il report di Volocom

Intervista ai due curatori del progetto: Andrea Franchini e Francesco Bruno

Se in Germania, Francia o Stati Uniti gli scandali degli abusi sessuali sui minori nella Chiesa hanno prodotto numerose inchieste e servizi giornalistici, qual è stata la reazione dei media in Italia? Volocom technology, società informatica che opera nel mondo della news intelligence e del media monitoring, è partita da questo interrogativo per realizzare il report “Chiesa e abusi sui minori nei media italiani”.
Un grande lavoro realizzato con un campione di oltre 18 mila testi giornalistici pubblicati tra il 1° settembre 2021 e il 31 agosto 2022: una ricerca sviluppata attraverso le oltre 4 mila fonti web, 37 quotidiani nazionali, 80 quotidiani locali, 184 edizioni secondarie di quotidiani e 384 periodici.

Il database finale, che si compone di 2.280 articoli (di cui 1.001 apparsi sulla carta stampata), racconta non solo numeri e dati, ma anche lo spirito e l’attenzione che i media stanno riservando a questo tema. A emergere è un quadro interessante, pieno di spunti. Che ci facciamo raccontare dai curatori del progetto di Volocom: Andrea Franchini (nella foto in alto), direttore editoriale, e Francesco Bruno (nella foto in basso), media intelligence manager.

 

Andrea e Francesco, intanto da dove nasce l’idea del report?
Andrea Franchini: «Volevamo mettere alla prova le nostre tecniche di monitoraggio, cimentandoci con un fenomeno vasto e importante come quello degli abusi sui minori nella Chiesa italiana. Sulla falsa riga del podcast “La Bomba” (realizzato da “Il Post” nel giugno 2022, ndr), ci siamo chiesti: perché la Chiesa in Inghilterra, in Francia o in Germania è stata travolta dal caos degli abusi, con forti accuse dalla stampa, e in Italia no? Così abbiamo raccolto dati dai giornali, nazionali e locali, dalla carta al web. E li abbiamo analizzati».

Francesco Bruno: «Realizzando questo progetto, abbiamo provato a capire cosa si può affidare a una macchina e cosa ha bisogno di una capacità critica di un analista. Perché da un lato ci sono i dati “formali”: i numeri degli articoli, dove vengono pubblicati, e su quali pagine. Mentre dall’altro c’è un lavoro “manuale” dei nostri analisti per capire l’atteggiamento del giornalista al tema, ovvero tutta la parte che chiamiamo “sentiment”. Emerge che gli articoli prettamente critici sono il 18%, mentre prevalgono quelli positivi, il 39%, o neutro, il 43%. Questo perché accanto agli episodi di cronaca, ovviamente negativi, c’è un’attenzione nei confronti di ciò che si sta facendo per combattere questo fenomeno, soprattutto in ambito locale. Per esempio, diverse testate locali e diocesane promuovono le iniziative dei centri di ascolto nel territorio. Mentre se osserviamo i quotidiani nazionali, aumentano le testate che si esprimono in maniera più critica».

C’è un aspetto che vi ha colpito subito?
Franchini: «Sì, la cosa più interessante è che due dei giornali che hanno parlato maggiormente di questo tema sono “Avvenire” e “L’Osservatore romano”, con articoli sia critici sia positivi. Una testata che ha fatto diversi approfondimenti è “Domani”, mentre gli altri giornali non si occupano o quasi di queste tematiche. E questo è un dato incontrovertibile. Siamo certi che non sia mai esistita in Italia una censura. Si dice: “In Italia c’è il Vaticano, di certe cose è proibito parlare”. Credo che invece sia probabile una “autocensura” innata da parte dei giornalisti italiani: di certe cose non si parla, e basta».

Su quali dati e considerazioni dobbiamo soffermarci?
Franchini: «Al di la dell’inchiesta di “Domani”, di attacco a senso unico alla Chiesa, colpisce che nessun grande giornale nazionale, nel periodo che abbiamo esaminato, abbia trattato in modo sistematico questo fenomeno. Non c’è un’inchiesta di lunga durata, ma articoli sporadici. Molti giornali pubblicano un articolo al mese, ma nessuno con animo sereno, da giornalista, ha approfondito questo tema con lungo lavoro. Manca il giornalismo investigativo, che non deve essere di attacco, di “messa in croce” di qualcuno, ma di inchiesta. Per spiegare alla gente che cosa davvero sta succedendo. E poi c’è un altro un dato curioso: sono tanti gli ecclesiastici che scrivono articoli, ma sono poche le donne che scrivono. E lo fanno più sul web che sulla carta».

Bruno: «Un altro dato interessante riguarda la tipologia della fonte: più articoli sul web, il 56%, che sulla stampa cartacea, il 44%. E poi ci ha colpito il fatto che sui quasi mille articoli censiti sulla stampa cartacea, 74 sono comparsi in prima pagina. Quasi il 10% ha avuto una collocazione importante sui giornali. L’articolo più diffuso occupa mezza pagina, quindi una certa attenzione dalla stampa nazionale viene data… ma poi finisce lì».

A livello locale e in Piemonte?
Bruno: «A livello locale abbiamo notato che vengono soprattutto raccontati i fatti di cronaca. In particolare al Sud e nelle isole. Nei settimanali o periodici in “top ten” ci sono diverse testate piemontesi. A livello locale vengono messi in risalto i fatti di cronaca, ma spuntano anche articoli di addetti ai lavori su attività e centri di ascolto del territorio».

Franchini: «Su circa 1.500 articoli raccolti, in Piemonte ne sono stati pubblicati 36, contro gli oltre 400 della Campania e 260 della Sicilia. Di quei 36 articoli, 17 riguardano la provincia di Biella, 8 di Torino, 8 di Cuneo, 2 di Asti e 1 di Alessandria».

Vi aspettavate queste risposte o siete rimasti sorpresi dai risultati?
Bruno: «Ci si poteva aspettare, da parte dei media, un atteggiamento più critico su questo tema. Se guardiamo il lato positivo, questi dati ci parlano di un giornalismo autentico: la maggior parte dei casi, come dicevamo, viene riportato senza giudizio. Poi ci sono anche giornali che sono inclini al commento, ma al 99% viene mantenuto un atteggiamento neutro».

Franchini: «Non avevamo aspettative, abbiamo fatto una ricerca asettica. Non avevamo tesi o ipotesi da confermare. Come dei notai abbiamo registrato, e alla fine abbiamo estrapolato queste considerazioni. Non siamo né delusi né contenti, abbiamo fatto i giornalisti sul giornalismo. Non ci compete un commento e non lo vogliamo fare appositamente».

Visto il percorso intrapreso dalla Chiesa italiana, secondo voi, l’attenzione dei media è destinata a crescere?
Bruno: «Sicuramente il tema in sé è destinato a non diminuire, a rimanere nelle pagine dei giornali e nei siti web in maniera costante. Le iniziative in crescita nel territorio, non solo quelle volute dalle Diocesi, ma anche dalle associazioni delle vittime, fanno notare che c’è un occhio puntato sull’argomento, proprio sulla scia degli avvenimenti internazionali. E se c’è attenzione a livello locale, non può che esserci anche nei media».

Franchini: «Rispondo da Volocom: non lo so (sorride). Allo stato attuale, guardando i giornali, a oggi quello che dice Francesco non è riscontrabile. Però mi piacerebbe, tra un anno, rifare l’indagine per capirne di più. Ma vorrei fare una precisazione: un conto è il racconto giornalistico di questi eventi, un altro sono le reazioni della gente. Avremmo potuto monitorare un anno di social su questi temi, sarebbe stato un lavoro immenso. Sono sicuro che ci sia una forte discrasia tra questi dati e le ricerche fatte sui social. Sicuramente andando più nel profondo potremmo scoprire che c’è uno scarto importate tra ciò che la stampa racconta e ciò che la gente recepisce».

Ultima battuta: quale eco ha avuto il vostro report nei media italiani?
Bruno: «È circolato molto di più sul web, su tutti “Open”, ma anche “Rete l’abuso” hanno rilanciato. Nonostante il nostro lavoro sia arrivato in tutte le redazioni italiane, non ha avuto quel riscontro che poteva meritare di avere. Forse perché i giornali avrebbero dovuto parlare di loro stessi in una chiave anomala».

Franchini: «La pubblicazione del report nei media racconta tanto del report stesso. E mi spiego: “Avvenire”, l’Ansa e alcune agenzie cattoliche hanno rilanciato, ma nessun giornale nazionale lo ha ripreso. Questa indagine è stata presa con una certa indifferenza. Ed è proprio la stessa indifferenza che denuncia il nostro report».

Alessandro Venticinque

È possibile leggere l’intero report, completo di dati, grafici e testi s corredo sul sito di Volocom, al link bit.ly/3ZnBJGR

Check Also

24 ore per il Signore: un’esperienza di rinascita

Padre Giorgio Noè: «Sono 24 ore consecutive di adorazione eucaristica e di preghiera, con la …

%d