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In memoria del Cav

“La testa e la pancia” di Silvio Bolloli

È ovvio che la notizia del giorno, in Italia, sia la morte dell’uomo che negli ultimi quarant’anni ha maggiormente condizionato l’opinione pubblica, dapprima con le televisioni e la sua immagine di Imprenditore rampante, poi per il suo ruolo politico.

Tuttavia, nel rispetto dell’abituale contenuto del mio corsivo, oggi vorrei soffermarmi sulla figura di Berlusconi “uomo di calcio” e dire che, senza alcun dubbio, anche lì fu di enorme impatto sdoganando un gioco spumeggiante, stile Olanda Anni 70, che nel Belpaese aveva fino ad allora vantato pochi proseliti e portando gradatamente tutti ad abbandonare i dogmi inflessibili del vecchio calcio all’italiana (comunque mai del tutto, e per fortuna, scomparso) per abbracciare nuovi stilemi associati a preparazioni atletiche sempre più ricercate e, per così dire, scientifiche.

Sarebbe troppo facile fare l’elenco dei numerosissimi trofei conseguiti alla guida della vecchia Società milanista per cui, oggi, sono due gli aneddoti che mi piace rievocare: quando decise di affidare le redini del suo primo Milan ad un uomo che non aveva mai allenato in serie A, tale Arrigo Sacchi, da quel momento divenuto uno dei Vati dell’ars pedatoria nostrana e poi quando, pochi lo ricordano, nel 1991, al momento dell’approdo di Sacchi sulla panchina della Nazionale italiana, decise di passarne il testimone non a uno degli Allenatori più forti in circolazione – avrebbe potuto permetterselo senza problemi – ma al semisconosciuto vice di Sacchi, uno che a oltre quarant’anni di età non aveva praticamente mai allenato.

Quell’uomo si chiama Fabio Capello e ciò che è accaduto dopo è storia nota: anche in questo il Cavaliere mostrò di averla vista molto più lunga della maggior parte degli altri comuni mortali.

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