Care lettrici,
cari lettori,
apriamo questo numero di Voce con l’intervista di Lorenzo Buccella, giornalista della Radiotelevisione Svizzera italiana, a papa Francesco. Le parole del Santo Padre, soprattutto quelle sul conflitto in Ucraina, hanno fatto scalpore. Vi lascio alla lettura dell’articolo, perché possiate farvi un’idea. Io mi permetto di sottoporre alla vostra attenzione altre affermazioni, sempre nella stessa intervista, che mi sembrano degne di nota. Alla domanda del giornalista su come trovare una bussola per orientarsi su quanto sta accadendo tra Israele e Palestina, Francesco ha risposto: «Dobbiamo andare avanti. Tutti i giorni alle sette del pomeriggio chiamo la parrocchia di Gaza. Seicento persone vivono lì e raccontano cosa vedono: è una guerra».
Chi, come me, non ha mai visto in faccia la guerra, fatica a immedesimarsi nella situazione di chi sta sotto le bombe. Eppure, non possiamo non commuoverci di fronte al Pontefice che tutti i giorni, alle sette del pomeriggio, chiama le 600 anime che vivono nella parrocchia di Gaza. Tutti i giorni. Un padre dal cuore grande, quest’uomo vestito di bianco: potrebbe delegare qualche suo collaboratore, sarebbe già un bel gesto. E invece no, lo fa lui direttamente. Almeno da quel 13 marzo 2013, giorno della sua elezione al soglio pontificio: Francesco, 266º Papa della Chiesa cattolica e vescovo di Roma, entra nella Storia dell’umanità. Non solo per l’importanza della sua carica, che lo pone tra i “potenti” del mondo (credo che non gliene importi molto…). Ma anche, e soprattutto, perché la sua mano e la sua voce sono la Carezza del Nazareno senza la quale saremmo dei disperati. Tutti: chi è sotto assedio, in Ucraina o a Gaza; e chi, come noi, vive i drammi della vita quotidiana. Abbiamo bisogno di questa Carezza. La Quaresima serve proprio a questo, a far emergere il nostro bisogno. Non a risolverlo.