Home / Chiesa / Chiesa Locale / «Hakar è venuto da persona bisognosa tra noi e se ne va da benefattore»: il ricordo del Vescovo Guido

«Hakar è venuto da persona bisognosa tra noi e se ne va da benefattore»: il ricordo del Vescovo Guido

Il momento di preghiera di sabato 11 Nel Santuario del Sacro Cuore

Siamo qui per ricordare al Signore Hakar. Hakar è venuto da persona bisognosa tra noi, e se ne va da benefattore. E questa è una cosa molto bella, che ci dice la caratura della persona. Nella Chiesa i migliori non sono quelli che hanno i posti umanamente più alti: il Papa, il Vescovo, i preti. Nella Chiesa i migliori sono quelli che vivono la santità, che vivono l’amore di Dio in pienezza. Solo che, potremmo dire: ma Hakar era nella Chiesa? Formalmente no, formalmente non aveva il battesimo, ma io ho voluto scegliere questo testo (cfr. Mc 16,15-18) perché è uno dei rari casi che incontri nel tuo ministero in cui c’è questa Parola. Quando Gesù dà il mandato dell’evangelizzazione, dice: “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura”. E poi aggiunge: “Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato”. Rimane un “buco” sul quale Gesù non ha voluto parlare. Cioè, chi crede e non è battezzato. Gesù l’ha fatto apposta a non parlare, credo io, perché sono casi che Dio sa come trattare e noi non saremmo capaci nei nostri incasellamenti mentali a trattare questi casi. Ma io sono convinto, veramente nel cuore, avendo conosciuto Hakar, sono convinto che il Signore vede il suo cuore e lo accoglierà nel Regno dei Cieli. E sono convinto che ci abbracceremo, nel Regno dei Cieli, ci rivedremo e saremo nella gioia di Dio. Ma io il problema, a dirvi la verità, ce l’ho più su di me e su noi cristiani che su Hakar. Perché a chi è stato dato molto, sarà chiesto molto di più. È per questo che questa pagina di Vangelo è proprio la pagina che riguarda Hakar. Questa pagina di Vangelo ci dice anche, mi vien da dire purtroppo, il criterio con cui Gesù sta parlando di chi crede e di chi non crede. “Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demoni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno”. Benvenuti tra gli atei, tra i non credenti! Così viene da concludere… Io sento molto la responsabilità, come pastore, di vivere in prima persona e di far vivere quelle pagine del Vangelo che noi tendiamo a rimuovere come impossibili. E sapete che “impossibile” è agli antipodi con “fede” e “credere”, perché quando crediamo abbiamo l’insegnamento del Vangelo. Tutto è possibile a Dio, nulla è impossibile a Dio. Noi umanamente certe pagine come questa tendiamo a dire: “Vabbè, adesso è un po’ esagerato, ma Gesù non l’ha detta per quelli che evangelizzano, ma per quelli che sono evangelizzati, per i cristiani tutti, tutti tra noi nessuno escluso”. E questo mi fa pensare molto, quando in Matteo Gesù manda gli Apostoli e dice “guarite, scacciate i demoni, sanate i lebbrosi e risuscitate i morti”. Una cosa di questo genere. Spero di averlo detto nell’ordine giusto. Risuscitate i morti… no, perché noi diciamo: “Per fortuna che a me non l’ha detto, dai… Ah, perché io, questa invece è per i Dodici… Ah, perché io che sono successore degli apostoli sono esonerato da questa pagina?”. A me questa pagina ha cominciato a pulsarmi nel cuore quando mi hanno detto che era morto Hakar. Ma io devo risuscitare i morti? Ci credo? L’ha detto per scherzo, Gesù? Nella storia della Chiesa, da Gesù in avanti, ci sono state duecento risurrezioni di morti. Duecento. Alcune molto brevi. Mi ricordo San Filippo Neri. È andato da un giovane che era morto, l’ha risuscitato, lo ha confessato e questo poi è morto. Ma queste pagine del Vangelo ci interrogano su qual era nostra Chiesa. Sono contento che Hakar, frequentandoci, avesse cominciato a intraprendere un cammino spirituale. Le ultime sere partecipava al Rosario nei cortili della nostra unità pastorale. Aveva una Madonnina sul comodino, portava un’immagine di San Francesco. Ecco, se da una parte mi fa contento questo, dall’altra mi rendo conto che noi siamo ancora molto pallidi rispetto a quello che ci viene chiesto dal Nuovo Testamento. E vi chiedo aiuto, carissimi fratelli e sorelle, perché credo che lo dobbiamo ad Hakar e a tutti quelli, a cominciare dai nostri giovani, che vorrebbero trovare in noi dei testimoni forti di un Dio potente. Vi chiedo aiuto perché insieme diventiamo capaci sempre più di credere in Dio. E questo credere in Dio si articola adesso nell’accettazione di questo dolore, nell’offerta e nella convinzione che con l’aiuto anche di Hakar, che sono sicuro guarderà a noi e intercederà per noi, andremo avanti. In modo sempre più deciso, gioioso e amante, aiutando ancora di più i poveri, avendo avuto esperienza di che bel frutto è stato l’aiuto ad Hakar. Non molleremo, faremo sempre più sul serio. Lo dobbiamo a lui e lo dobbiamo a tutte le persone che hanno bisogno della testimonianza, che in greco fa martyría, della vita cristiana. E se non ci fanno la pelle dobbiamo tuttavia essere testimoni fortissimi di Gesù Cristo. Che l’intercessione della Vergine Maria e di San Francesco ci accompagnino nel nostro cammino.

Guido Gallese, Vescovo di Alessandria

Check Also

Stefania Ponzano, presidente diocesana dell’Azione Cattolica: «L’AC è famiglia, relazioni e amicizia sincera e fraterna»

«Con lo stile dell’abbraccio dobbiamo provare a vivere  l’idea tanto cara a papa Francesco della …

%d