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Centrale del latte Alessandria, nessuna certezza

Benedetto: «I 48 dipendenti e le loro famiglie meritano delle risposte»

A dieci giorni dall’annuncio della chiusura della Centrale del latte di Alessandria e Asti continuano a susseguirsi voci di possibili partner. «Voci su proposte e operazioni societarie, ma senza mai avere alcun effettivo atto formale» interviene il segretario provinciale Flai Cgil Raffaele Benedetto: «Dopo l’annuncio della liquidazione giudiziaria della Centrale del latte, i dipendenti sono entrati in presidio permanente». Quell’azienda ha significato per tante persone il primo luogo di lavoro e un punto fermo per l’intera comunità. La Flai Cgil di Alessandria, con le lavoratrici e i lavoratori, nei prossimi giorni chiederanno un incontro in Prefettura per esporre questa drammatica vicenda e valutare eventuali ulteriori percorsi. 

«Il sindacato in tutti questi anni ha costantemente chiesto un concreto piano industriale all’azienda, ci siamo sempre sentiti dire: “È colpa di questo o quel Consiglio di Amministrazione”, intanto le lavoratrici ed i lavoratori hanno continuato instancabilmente a produrre un prodotto di qualità e apprezzato dal mercato». Dieci giorni, iniziando il presidio erano disposti a continuare a lavorare con senso di responsabilità fino a esaurimento scorte per evadere gli ordini. 

«Lo diciamo a gran voce, noi lotteremo fino alla fine per evitare il fallimento dell’azienda», allo stesso tempo sanno che se non si porteranno i libri in tribunale non scatteranno gli ammortizzatori sociali. C’è ancora incredulità ma le speranze sembrano esaurite e si cercano responsabilità. «Oggi si scontano politiche aziendali incomprensibili, un esempio è l’acquisto di un impianto per il latte microfiltrato che in realtà non è mai stato commercializzato», dice Benedetto in un comunicato. 

«Le vendite di latte fresco sono diminuite a causa del Covid che ha modificato i consumi a favore del latte a lunga conservazione, oltre all’avanzare di nuove mode come il latte non latte di soia, mandorla», ribadiscono i produttori. «Sono costantemente diminuite, mentre i responsabili aziendali hanno continuato a sbandierare potenziali operazioni di partnership e sinergie concrete». 

Oggi registriamo il totale collasso dell’azienda, in tre giorni sono stati persi circa 3.500 punti vendita dove venivano portati i prodotti della storica azienda alessandrina, smantellando di fatto la rete vendita. I negozianti sono stati avvisati della sospensione della lavorazione dagli organi di stampa. «La vicinanza della popolazione alessandrina è per noi importante, chiediamo a tutti di unirsi al nostro grido di protesta, perché non è accettabile che un’azienda con 25 milioni di euro di fatturato e 15 milioni di litri di latte imbottigliato, possa morire così». 

Dall’oggi al domani, dopo anni di sottile equilibrio. «Colpe e responsabilità dovranno necessariamente emergere, oggi ci sono 48 dipendenti con le loro 48 famiglie che stanno vivendo un momento tragico e che hanno una prospettiva di vita professionale e sociale drammaticamente incerta, a queste persone bisogna dare delle risposte», conclude Benedetto. 

Daniela Terragni

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