«Mi sono chiesta: ma chi è quel Gesù Cristo
per cui vale la pena lasciare tutto e seguirlo?»
Domenica 8 dicembre, nella casa generalizia di Roma, suor Michela Varvarà, 29 anni, ha fatto la sua prima professione religiosa nella Congregazione della Divina Provvidenza. Originaria della Capitale, suor Michela da due anni è ad Alessandria, dove sta proseguendo il suo percorso di discernimento e di vocazione: «Ho conosciuto la congregazione facendo l’infermiera nella nostra casa di via Alba a Roma. Poi la mia scelta di entrare per iniziare il mio cammino di formazione. Ad Alessandria sono entrata in noviziato l’8 dicembre del 2022: si chiama “anno chiuso”, perché si fa in Casa madre, e ci si concentra soprattutto su preghiera e formazione. E poi, si entra nel vivo della missione, e sono stata nell’Istituito Divina Provvidenza agli Orti».
Suor Michela, perché hai deciso di fare questa scelta?
«Come dicevo, sono entrata a lavorare nella casa di riposo della Congregazione, ma già avevo delle domande e delle inquietudini interiori. Quindi lavoravo, ma facevo discernimento spirituale, seguita dal mio parroco. Passando tanto tempo lì, ho avuto modo di conoscere la Congregazione: all’inizio mi sentivo più portata per un istituto di tipo contemplativo, ma stando con le suore, ed entrando in contatto con il nostro Carisma, ho cambiato idea. E ho imparato a vivere la cura del malato diversamente, come una missione e non come un lavoro. Io dico che sia stata proprio la Divina Provvidenza a decidere di portarmi a lavorare lì (sorride)».
Hai 29 anni, sei molto giovane. Da dove è partita la tua vocazione?
«Parte dalla testimonianza di altri. Prima ho citato il sacerdote della mia parrocchia. È stata importante la sua testimonianza: una persona che aveva una vita normale, un bel posto di lavoro lavoro, che ha scelto di lasciare tutto per Cristo. Io mi sono chiesta: “Ma chi è questo Gesù Cristo, per cui vale la pena lasciare tutto per seguirLo? Voglio capire anche io…”. Una fede vissuta più che raccontata, attira e scaturisce delle domande, certo. Poi però ognuno deve fare un cammino personale: l’incontro con Cristo lo devi avere tu, no puoi basarti sul vissuto degli altri. Il Signore si fa conoscere da chi Lo cerca. Se fai questa esperienza vera, sperimenti l’amore di Dio, vieni ricolmata dalla Sue grazie, e ti arrendi. Ti arrendi all’amore di Dio. E, da lì, parte qualcosa di più grande, di inspiegabile».
La prima professione a che punto è del tuo percorso?
«È un bel passo. Il primo passaggio è un periodo aspirantato, poi il postulato e il noviziato. Subito dopo la prima professione religiosa, quella che ho fatto domenica. Nei primi anni questi, rinnoverò i voti di castità, povertà e obbedienza, fino alla professione perpetua».
Che suora speri di essere?
«Spero di essere una suora grata, che ovunque va riesce a portare una scintilla, un pezzettino dell’amore di Dio. Sempre con umiltà, senza nessuna pretesa. Ma con il desiderio di portare una briciola di questo amore agli altri, in qualsiasi posto: ai malati, alle persone che si incontrano, alle consorelle. Ecco, mi basta questo (sorride)»