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E sulla lingua il sapore della morte – L’editoriale di Andrea Antonuccio

Care lettrici,

cari lettori,

apriamo questo numero con una bella intervista a Larives Bellora e Diego Lumia, che nel 2023 sono stati chiamati alla responsabilità dell’ufficio per la famiglia della nostra Diocesi. Noi di Voce li seguiamo sin dall’inizio del loro mandato: il loro essere marito e moglie nella fede è, per noi che li intervistiamo, un soffio di aria fresca. Sono due persone che hanno a cuore Cristo e la Chiesa, e raramente fanno discorsi o citazioni da addetti ai lavori. Più spesso raccontano la loro esperienza così com’è, cercando di intravedere il passaggio del Signore nella vita di tutti i giorni: nella loro, e in quella degli altri. È per questo che ogni anno si fanno promotori nella nostra Diocesi della Veglia per la Vita, che si terrà domenica 2 febbraio alle 21 nella parrocchia di Sant’Alessandro, davanti alla Immagine della Madonna della Salve che sta visitando le nostre unità pastorali. Mi concedo un pensiero personale: quando sento parlare della vita, penso immediatamente alla morte. E, in particolare, a una frase tratta da “Il mestiere di vivere” di Cesare Pavese: “Il compenso di aver tanto sofferto è che poi si muore come cani”. Pensiamoci bene: abbiamo nella nostra esistenza un motivo valido, efficace, concreto per poter affermare il contrario? La nostra fede, qualunque cosa sia, è sufficiente per spazzare via la paura della morte? Nel fondo del nostro essere, siamo davvero convinti che non moriremo come cani? Per me è una questione aperta. Non la nascondo, non faccio finta di niente e non mi preoccupa il fatto di guastare le “serate spensierate” degli altri. Quando ero in ospedale con il Covid, nei primi drammatici giorni di ricovero, sulla lingua avevo il sapore della morte. So che cosa si prova ad arrabbiarsi con Dio, quando si capisce di essere prossimi alla fine. Io non volevo morire, volevo vivere. Ma soprattutto, come scriveva Pavese, non volevo morire come un cane: da solo, per una malattia assurda, a 51 anni, con una moglie e due figli a casa che non avrebbero nemmeno potuto farmi il funerale (ve lo ricordate com’era il mondo, a marzo 2020?). Il Signore, poi, con un miracolo mi ha graziato. Da allora, mi chiedo ogni giorno perché lo ha fatto. E che cosa vuole dalla mia vita.

Andrea Antonucciodirettore@lavocealessandrina.it

Crediti Fotografici: Fondazione Cesare Pavese 

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