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Formazione dei catechisti: la parola a Nives Gribaudo

«Non si tratta soltanto di “fare” il catechista, ma di “essere” catechista»

Sabato 1° febbraio, dalle 9 alle 17, nei locali dell’oratorio parrocchiale di Solero ci sarà un’occasione di formazione per i catechisti molto speciale: un momento per riscoprire in profondità il senso del “camminare insieme” come Chiesa sotto la guida dello Spirito. Questo appuntamento di approfondimento e di comprensione per accogliere lo stile sinodale nel proprio servizio ecclesiale è aperto ai catechisti e operatori pastorali di tutte le unità pastorali della Diocesi ed è curato dal team di formatori dell’ufficio catechistico della Diocesi di Cuneo-Fossano. Abbiamo chiesto a Nives Gribaudo, che si occuperà in prima persona di questa formazione, di aiutarci a capire meglio in cosa consiste.

Nives, raccontaci chi sei.

«Sono una moglie e madre di 54 anni. In accordo con mio marito, quando i nostri tre figli erano piccoli (la maggiore ora ha 30 anni), ho scelto di prendermi una pausa dal lavoro di impiegata per potermi occupare più da vicino della famiglia. È proprio in quegli anni che il mio parroco, su consiglio di una catechista, mi ha chiesto di svolgere questo servizio in parrocchia. Anche se fin da piccola consideravo la parrocchia una sorta di seconda famiglia, col matrimonio e il trasferimento in una nuova comunità il diventare catechista era l’ultimo dei miei pensieri. Ma siccome amo le sfide, mi sono detta: “Perché no?”. E, incredibilmente, da quella prima chiamata hanno preso il via una serie di “Dio-incidenze” che mi hanno portata oggi a essere incaricata diocesana per la Catechesi della Diocesi di Cuneo-Fossano, nonché parte dell’équipe formativa dell’ufficio catechistico regionale e di quello nazionale».

Sabato guiderai i catechisti in una giornata di approfondimento in cui le parole-chiave sono “camminare insieme” sotto la guida dello Spirito. Che cosa significa camminare sotto la guida dello Spirito?

«Sin dal primo momento in cui mi è stato chiesto di svolgere questo servizio, ho avuto modo di sperimentare che da soli non si va da nessuna parte. Gesù stesso ha detto: “Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”. Occorre quindi anzitutto sapersi mettere in ascolto dell’altro e, soprattutto, dell’Altro (con la “A” maiuscola). Non è assolutamente facile attuare uno stile sinodale, mettere insieme caratteri, carismi, sensibilità diverse, ma è proprio lì che lo Spirito di Dio, se gli si permette di agire, soffia e compie meraviglie. A volte mi vengono delle idee che reputo interessanti, se non addirittura belle. Ma confrontandomi poi col resto dell’équipe mi accorgo che in realtà non sono poi un granché! Ed è proprio dal confronto e dall’ascolto reciproco, a partire da quello spunto iniziale, che nascono nuove idee che a loro volta si concretizzano in proposte davvero belle e coinvolgenti, in cui l’impronta dello Spirito emerge chiaramente».

Come fa un catechista ad applicare questo stile nelle sue ore di catechismo?

«Negli anni ho capito che non si tratta tanto di “fare” il catechista quanto piuttosto di “essere” catechista. Un consiglio che mi sento di rivolgere è quello di non partire con la programmazione di un incontro di catechismo senza essersi prima messi in ascolto della Parola di Dio che si andrà ad annunciare ai bambini, ai ragazzi o agli adulti. Se la Parola di Dio non è anzitutto una parola di vita per la mia quotidianità, se non ne percepisco la forza travolgente nel mio essere uomo o donna nel mio contesto familiare, nel mio ambiente di lavoro, nel modo in cui vivo il tempo dello svago, del servizio, come posso avere la pretesa di saper trovare le parole giuste per trasmettere quella Parola nelle vite degli altri?».

Quali sono gli elementi di novità che proponete, rispetto a quanto i catechisti hanno sempre fatto?

«Stando a quanto citato negli ultimi orientamenti per la catechesi in Italia, a un catechista è chiesto di curare alcune dimensioni personali affinché la sua opera possa essere buona: essere, sapere, saper fare e saper stare con. Oltre all’essere e al sapere, ovvero a conoscere i contenuti della fede, gli elementi di novità che proponiamo riguardano anche la metodologia e l’aspetto relazionale. Riteniamo sia fondamentale descolarizzare la catechesi e passare da una catechesi incentrata sulla trasmissione dei contenuti a una catechesi dal sapore esperienziale. Si tratta cioè di creare i presupposti affinché i bambini e i ragazzi possano fare “esperienza” dell’incontro con Gesù per riconoscere come già Lui opera nelle loro e nostre vite. È una metodologia che i catechisti possono imparare “facendo”: a partire da come sono allestite le stanze del catechismo al linguaggio che si usa, fino agli strumenti che si impiegano. Con i catechisti proviamo a mettere le mani in pasta facendo assaporare loro, attraverso una serie di laboratori, la bellezza e l’utilità, per esempio, dell’uso dei linguaggi multipli: giochi, narrazioni, video, canzoni, opere d’arte e “memory key”, ovvero oggetti che doniamo alla fine di un momento insieme e che servono da “chiave della memoria”, da aiuto per ricordare quanto appreso. Siamo fermamente convinti che solo sperimentando la bellezza e l’utilità di questa proposta su te stesso, potrai a tua volta farne uso nel tuo gruppo di catechismo, adattandolo alle varie circostanze».

Vedo che c’è un laboratorio sulla proposta del prossimo cammino liturgico della Quaresima e Pasqua. Puoi anticiparci qualcosa?

«Come già per il tempo di Avvento e Natale, ci siamo fatti guidare dal tema del Giubileo: la Speranza. In Avvento abbiamo conosciuto due personaggi, Giusy e Leo, che alla scuola di grandi artisti hanno cercato di apprendere l’arte della speranza. Li ritroviamo ora provetti “Pellegrini di speranza” pronti ad accompagnarci verso la Pasqua. Il loro sarà un viaggio sulle strade della buona notizia del Vangelo che non sarà percorso obbligatoriamente a piedi. Ogni tratto di strada sarà effettuato a bordo di un diverso mezzo di trasporto, le cui caratteristiche rimandano metaforicamente a un diverso atteggiamento da assumere: saltare gli ostacoli, volare in alto e così via. Passo dopo passo la speranza si rivelerà scomoda, ma anche feconda; sarà per tutti e in grado di risollevare; ci aiuterà a varcare la soglia e a donarci nuove prospettive. Ma… non voglio svelare troppo!».

Zelia Pastore

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