Fondare una Città, fondare una Chiesa: venerdì 21 e sabato 22 febbraio un convegno sulle origini di Alessandria

Antonio Musarra, docente alla Sapienza di Roma, ci racconta la storia della Diocesi

 

Alessandria fu fondata ufficialmente tra il 1167 e il 1168 in un’area strategica, situata alla confluenza tra il Tanaro e la Bormida: un crocevia naturale di vie di comunicazione che collegavano la Liguria alla Lombardia. Prima del Mille, il territorio si presentava scarsamente abitato, caratterizzato da una fitta rete di boschi, aree paludose e terreni coltivati in modo frammentario. Gli insediamenti erano limitati a pochi agglomerati rurali, alcuni dei quali risalenti all’età romana, e a una serie di curtes regiæ, centri agricoli dipendenti dal potere signorile e vescovile. Tra questi si distinguevano Bergoglio, Gamondio, Rovereto e Foro, situati lungo le direttrici che da Novi, Ovada e Acqui si incrociavano in direzione di Tortona e Pavia. Furono gli abitanti di tali centri a dare vita a una civitas nova, sviluppatasi attorno al castrum di Rovereto e alla pieve di Santa Maria, eretta verso la metà del XII secolo in località Palea. La nuova realtà urbana, sostenuta politicamente dalla Lega Lombarda e finanziata da Genova, fu dotata fin da subito di solide fortificazioni. Le mura cittadine, ampliate nel 1280, testimoniavano la volontà di difendere l’autonomia politica e militare della comunità, la cui popolazione, nel periodo di massimo sviluppo, oscillava tra le 18.000 e le 20.000 unità. 

La nascita della Diocesi alessandrina, nel 1175, contribuì a consolidare l’identità cittadina, favorendo, inoltre, la formazione di un contado omogeneo, capace di assicurare alla città un territorio da cui ottenere sostentamento e su cui esercitare la propria influenza. Il nuovo assetto amministrativo portò alla costituzione di un’ampia circoscrizione diocesana, comprendente gli abitanti di otto centri principali: Gamondio, Marengo, Bergoglio, Rovereto, Foro, Oviglio, Solero e Quargnento. A questi si aggiungevano le pievi di Masio, in valle Tanaro, Ponto, Cassine, in valle Bormida, e Retorto, in valle d’Orba, delineando la futura proiezione della città verso la via del mare. Accanto all’attività commerciale Alessandria sviluppò anche un vivace settore artigianale, incentrato sulla lavorazione del lino e della canapa, cui, verso la fine del XII secolo, si affiancò l’industria laniera. Quest’ultima fu introdotta dagli Umiliati, un movimento di origine lombarda nato tra XI e XII secolo, inizialmente composto da laici che praticavano una vita di austerità e dediti alla lavorazione tessile. La loro presenza ad Alessandria non si limitò alla sola attività produttiva: essi ricoprirono anche incarichi chiave nell’amministrazione cittadina, assumendo spesso la funzione di clavarii e dazieri, gestendo la contabilità pubblica e il sistema fiscale locale.

La fondazione di Alessandria rispondeva a una precisa strategia politica, sostenuta da papa Alessandro III e dalla Lega Lombarda, finalizzata a contrastare l’espansione imperiale nella regione. Da tempo, il territorio era conteso tra Genova e Tortona. L’intervento di Federico Barbarossa alterò gli equilibri esistenti. Nel 1155, gli abitanti di Gamondio e Bergoglio parteciparono alla ricostruzione di Tortona ma, tre anni dopo, combatterono al fianco dell’imperatore nell’assedio di Milano. Nel 1164, Federico assegnò i due centri, assieme a Foro, al marchese di Monferrato, rafforzando la propria influenza nella regione. La Lega Lombarda reagì promuovendo un moto associativo tra Gamondio, Marengo, Foro, Bergoglio e Rovereto, con il sostegno economico di Genova, che vedeva nella nuova città un caposaldo strategico per i propri commerci padani. Ben presto, gli alessandrini svilupparono una propria identità, distinta dalle comunità d’origine, strutturando un governo autonomo attorno alla magistratura consolare, consapevoli del proprio ruolo politico. Il 30 gennaio 1175, con la bolla Sacrosanctæ Romanæ Ecclesiæ, papa Alessandro III istituiva la Diocesi, rendendola suffraganea dell’Arcidiocesi di Milano e ricavandone il territorio dallo smembramento delle diocesi filoimperiali di Pavia, Asti e Acqui. L’elezione del primo vescovo alessandrino, un certo Arduino, avvenne in modo autonomo, senza il coinvolgimento del capitolo della cattedrale, a cui solitamente spettava tale prerogativa. Ciò provocò una controversia, risolta il 30 gennaio 1176 con il breve De novitate, con cui il papa, consapevole di aver agito motu proprio, si scusava per non aver rispettato le consuetudini canoniche, riaffermando il diritto del clero locale di partecipare attivamente alla scelta del proprio vescovo. Nel 1178 (o, secondo altre fonti, nel 1180), con il breve Congruam officii, Alessandro confermò, inoltre, la costituzione del capitolo dei canonici della cattedrale di San Pietro, istituito dal nuovo vescovo, Ottone Ghilini, riconoscendo alla diocesi tutti i suoi possedimenti, consolidandone, così, la struttura ecclesiastica e amministrativa. Tale decisione innescò una lunga controversia con Acqui, che vedeva minata la propria giurisdizione. Nel 1180, il papa tentò di risolvere la disputa unendo le due diocesi, ma l’opposizione dei rispettivi presuli fece fallire il progetto, tentato nuovamente nel 1205, quando Innocenzo III tenterà nuovamente di unire le due diocesi. Il provvedimento avrebbe incontrato ampie resistenze nel clero acquese, risolvendosi nel 1207, con un trattato che sancì la fusione delle diocesi. Di lì a poco, un arbitrato stabilì che le due città avrebbero dovuto essere considerate un’unica comunità dal punto di vista giuridico e amministrativo.

Siamo di fronte, insomma, a una vicenda complessa e, proprio per questo, affascinante. Le celebrazioni per gli 850 anni della Diocesi offrono l’occasione per riflettere su come la fondazione della Chiesa alessandrina abbia accompagnato quella della città, rispondendo non solo a esigenze di potere ma anche a un bisogno di appartenenza e coesione sociale. Sarà questo il tema al centro del convegno Fondare una Città, fondare una Chiesa. Alle origini di Alessandria, in programma il 21 e 22 febbraio 2025 presso Palatium Vetus. L’evento vedrà la partecipazione di diversi studiosi e la prima sessione, prevista per venerdì pomeriggio, sarà dedicata all’inquadramento storico e politico. Tra i temi principali, si analizzeranno il primato pontificio nel XII secolo e il contrasto tra le città lombarde e l’Impero, con un focus sulle strategie messe in atto da Federico Barbarossa. Di particolare interesse, l’analisi della fondazione di Alessandria in chiave militare e strategica. Sabato mattina ci si concentrerà, invece, sull’istituzione della Diocesi e sulle trasformazioni territoriali del Piemonte medievale. Tra gli interventi più attesi spicca quello dedicato alla nomina del primo vescovo: un passaggio cruciale per la stabilità della città. L’incontro si concluderà con una riflessione sulle prospettive di studio e sulle più recenti interpretazioni della vicenda alessandrina. Ci sarà, infine, una grossa novità. Il professor Paolo Grillo ha annunciato di aver scoperto finalmente una data plausibile di fondazione per la città di Alessandria. Riveleremo anche questo. Il convegno rappresenta un’occasione unica per riscoprire la storia di Alessandria attraverso il legame inscindibile tra comunità e diocesi, tra la nascita della città e quella della sua Chiesa. La fondazione di Alessandria non fu solo una scelta politica, ma anche un atto di costruzione identitaria, in cui l’autonomia comunale e l’istituzione della diocesi si intrecciarono, rafforzandosi a vicenda. Queste due giornate offriranno l’opportunità di rileggere le origini della città con una nuova prospettiva, mettendo in luce come l’elemento religioso abbia giocato un ruolo chiave nel consolidare la comunità e definirne il futuro.

Antonio Musarra 

Sapienza Università di Roma

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