La fede in tempo di pandemia: l’indagine sociologica di don Giuseppe Di Luca

Gli anni della pandemia da Covid-19 hanno lasciato tracce in molti settori dell’esistenza delle persone e dei popoli, sia in quelli più appariscenti, come l’economia, sia in quelli più riservati ma non meno importanti e delicati, quali la psicologia e la religione. L’esperienza delle chiusure delle attività scolastiche e cultuali ha inciso profondamente nella psiche e nelle anime di molti.

A livello pastorale qualcuno ha ravvisato una certa fretta di archiviare il prima possibile i giorni del lockdown, come se tutto potesse magicamente tornare come prima, tra l’altro idealizzando un prima che in realtà non era così roseo, a livello sia di numeri sia d’intensità nel vivere la fede. Probabilmente le quarantene hanno rappresentato il colpo di grazia su alcune situazioni spirituali ed ecclesiali già in seria difficoltà.

In La fede in tempo di pandemia, recentemente pubblicato da Edizioni Epoké (pp 388, euro 26), riflette su questi temi don Giuseppe Di Luca, parroco moderatore dell’unità pastorale Spalti e vicario zonale della città di Alessandria, mettendo a frutto i suoi studi in Sociologia presso l’Università del Piemonte Orientale e la Pontificia Università Gregoriana di Roma.

Il libro, ricco di dati e tabelle, muove dall’analisi del pensiero dei sociologi Durkheim e Simmel per poi indagare sui riflessi del coronavirus nell’area alessandrina. Nella prefazione il sociologo Roberto Cipriani sintetizza così i risultati della ricerca: «una ri-semantizzazione dello spazio, una ri-cronologizzazione del tempo e una ri-corporizzazione del corpo». In altre parole, come ci spiega lo stesso don Di Luca, «lo spazio, il tempo e i corpi elementi quotidiani dell’esistere hanno subito variazioni dettate dal diverso modo di vivere generato dall’isolamento fisico e sociale attuato per combattere il pericolo di contagio». Inoltre, sebbene «ci siano state iniziative religiose “non istituzionali”, anche se pochissime erano davvero slegate dalle pratiche religiose istituzionali, finita la pandemia tutto è ritornato come prima, anzi la gente lo desiderava». In riferimento al pensiero dei due celebri sociologi descritto nel libro, afferma don Di Luca, «vince Durkheim su Simmel, la religione (istituzionale) sulla religiosità (personale)».

Naturalmente la lettura dei dati contenuti nel volume può essere varia e le interpretazioni delle prospettive future possono essere articolate in molti modi ma non si può sottovalutare come gli anni di questo decennio segnino un cambiamento significativo nelle idee e nelle prassi pastorali delle persone e delle comunità ecclesiali. Ignorare i mutamenti della società in nome del ritorno a una fantomatica età dell’oro del cristianesimo o della proiezione in un mondo sognato ma irreale vuol dire condannarsi, in entrambi i casi, al fallimento nell’annuncio del vangelo in questa che papa Francesco, all’inizio del pontificato, definì «non un epoca di cambiamenti ma un cambiamento d’epoca».

Fabrizio Casazza

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