Parla Andrea Serra (Oftal Alessandria) al termine del pellegrinaggio diocesano
«Come sempre, a Lourdes i malati danno di più rispetto a ciò che diamo noi»
«Mi stupisce il cambiamento delle persone, durante i cinque giorni di pellegrinaggio. A Lourdes siamo diversi, e purtroppo a volte solo lì. Banalmente, chiunque incontri lo saluti, e lui ti risponde con il sorriso. Qui, in città, se salutassi qualcuno mi risponderebbe arrabbiato: “Ma chi sei?” (sorride). A Lourdes si vive, con piacere, in comunità e condivisione. Nell’aiuto reciproco, senza far pesare niente a nessuno: se uno non ce la fa, c’è qualcun altro che gli dà una mano. Tutto questo è inspiegabile e fantastico». Andrea Serra, da 11 anni presidente della sezione alessandrina dell’Oftal, è da poco tornato dal pellegrinaggio diocesano a Lourdes, che si è svolto dal 30 giugno al 5 luglio. E ci racconta come è andata.
Andrea, sensazioni dopo il pellegrinaggio?
«Ognuno a Lourdes prova una sensazione diversa, perché ognuno la vive in modo differente: il bello è proprio questo, ciascuno trova un aspetto, una motivazione per essere lì. Mi colpisce sempre la condivisione: c’è tanta preghiera “normale”, ma c’è anche la preghiera del gesto, dello stare insieme, del condividere tutto. E anche quando hai un piccolo momento libero, senti il bisogno di andare a pregare, alla Grotta».
Quanti eravate quest’anno?
«Eravamo 193, qualcosa in meno rispetto all’anno scorso. Una quarantina di malati e circa 80 tra dame e barellieri. È stata dura riuscire a raggiungere questo numero, perché è l’anno del Giubileo e dei vari pellegrinaggi. Ma, a parte il caldo, il viaggio è stato buono: c’è chi si è spostato in aereo e chi con i quattro pullman, due attrezzati per trasportare gli ammalati e due normali per pellegrini e personale. A Lourdes eravamo insieme all’Oftal di Genova e della Sardegna, ma c’erano anche molti pellegrinaggi dalla Spagna».
E poi c’erano i giovani.
«Certo, con noi è venuto al pellegrinaggio anche un gruppo di 20 ragazzi dai 13 ai 17 anni (la famosa “Green car”) seguito da alcuni educatori: ci hanno dato una grande mano, come sempre».
Cosa ti ha colpito di loro?
«Mi stupisce ogni volta la disponibilità che questi ragazzi hanno verso le persone ammalate. Ma anche la sensibilità, l’educazione… Guarda, a vederli così, pieni di entusiasmo e con voglia di fare, sono loro a darci uno sprint. Non si sono mai fermati, sempre pronti per ogni cosa. Ripeto: come sempre, ma quest’anno forse ancora di più rispetto agli altri anni. Sono talmente entusiasti che hanno già confermato la loro presenza per il prossimo pellegrinaggio. Ci speriamo tanto, perché loro sono il nostro futuro».
Veniamo a te. Da quanti anni vai a Lourdes?
«Da più di 45 anni. E sono presidente da 11, al terzo mandato. Adesso spero che qualcuno mi sostituisca (sorride), con nuove idee, più sprint e più forza. Ma, a parte le battute, io vado avanti, con l’aiuto di tutti, da solo non potrei fare niente. Qui siamo uniti, non lo facciamo per il nostro vanto, ma per portare tutti coloro che vogliono a Lourdes. E questo ce lo ha chiesto la Madonna attraverso Bernardette».
Le difficoltà aumentano…
«Sì, soprattutto i costi crescono sempre di più, non tanto per il soggiorno quanto per il viaggio. Ma il prossimo anno vogliamo aumentare il numero dei partecipanti. Anche per trovare gli ammalati siamo in difficoltà: non tutti ci conoscono, e soprattutto i parenti si devono fidare. Ma ci spenderemo per arrivare a più persone possibili, speriamo nell’aiuto di tutti e andiamo avanti. Adesso siamo davvero contenti che chi è stato a Lourdes si sia trovato bene, sia tornato carico e contentissimo. Di certo ha avuto modo di mettersi in contatto, attraverso la Madonna, con Dio. Ma non è merito nostro, noi li abbiamo solo accompagnati».
Perché andare a Lourdes in pellegrinaggio? Uno potrebbe anche farlo da solo.
«Puoi andare a Lourdes da solo, certo, ma “pellegrinare” è un’altra cosa: condividere con altri questo tuo cammino ha un sapore diverso. Ci sono tutti: dai più piccoli ai più anziani, da chi sta bene a chi sta meno bene. Ma davanti alla Grotta siamo tutti uguali. Cominciare alle 5 del mattino di lunedì e finire alle 7 del sabato significa aver vissuto questi cinque giorni sempre insieme. Convivendo tutto, gioia, pianto, preghiera: mi sembra sia questa la vera differenza. E poi si ritrovano degli amici, che magari conosci da anni o che conosci per la prima volta. Tutto ciò ti dà la carica e la forza di continuare».
Che cosa sogni per l’Oftal?
«Spero che torni a essere l’Oftal di qualche anno fa, quando si riusciva a portare 600 persone, anche in una realtà piccola come Alessandria. Ma basterebbe portarne anche la metà (sorride). Però questi sono solo pensieri, l’obiettivo è realizzare il sogno che Lei ha chiesto: non lasciare nessuno a casa. Io che l’ho provato tante volte, vorrei che tutti potessero sentire ciò che si vive a Lourdes. Spero che tanti giovani arrivino e rivitalizzino questa associazione, che è stata pensata e creata da un grande uomo, monsignor Alessandro Rastelli».
Torniamo al pellegrinaggio: hai un’immagine di questi giorni che porti nel cuore?
«Quando gli ammalati sono passati sotto la Grotta, io e il Vescovo, monsignor Gallese, li abbiamo salutati uno a uno. Vedere il volto gioioso ed emozionato di quelle persone, che ci davano la mano e ascoltavano qualche parola del Vescovo, è stato bellissimo. Mi ha colpito molto».
Tu cosa hai chiesto alla Madonna?
«Di guardare i miei figli e i miei nipoti. Hanno un futuro davanti, e spero sia buono. Il mio ultimo nipotino di un mese per fortuna è nato sano, senza problemi e non posso fare altro che ringraziare per ciò che mi hanno donato la Madonna e il Signore. E poi ho ringraziato la Madonna perché ci ha fatto andare anche quest’anno, e Le ho chiesto di darci idee per aumentare i fedeli da portare sotto la Sua grotta».
Cosa ti ha colpito di più dei malati che erano con voi in pellegrinaggio?
«La serenità con cui vivono le loro problematiche. Noi, per ogni stupidaggine, ci facciamo crollare il mondo addosso. Loro ci insegnano che le priorità sono altre: superano i problemi, vanno avanti, sempre con il sorriso sulle labbra, la gioia di stare con noi e condividere tutto. A Lourdes portiamo persone che non sanno neanche a cosa vanno incontro, ma vivono tranquillamente, si fidano, e passano quei giorni in maniera bellissima. Come sempre, loro danno di più rispetto a ciò che diamo noi. Come sempre».
Cosa c’è nei loro occhi?
«La voglia di condividere, parlare e ascoltare, stando insieme ad altri che li trattano per quello che sono: persone normali. Ti chiedono solo quello, stare insieme e vivere queste giornate accanto a noi. Quando vedi loro, dovresti vedere il volto di Nostro Signore. E questo è il massimo che si può desiderare».