Abusi: in cammino verso la trasparenza

La Diocesi ha partecipato alla realizzazione del documento: «Siamo pronti all’ascolto»

 

Giovedì 16 ottobre la Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori ha annunciato il secondo Rapporto annuale sulle politiche e le procedure della Chiesa per la tutela. Un documento che mostra i progressi del 2024 e indica i passi da compiere sul tema degli abusi nel mondo. I numeri testimoniano lo sforzo messo in campo anche dalla Conferenza episcopale italiana: il Rapporto evidenzia l’esistenza di una rete ben articolata che conta 16 Servizi per la Tutela regionale, 226 Servizi diocesani o interdiocesani e 108 centri di ascolto diffusi in tutta la penisola. In Italia è evidente la crescita nella preparazione degli operatori: le persone formate in materia di tutela sono passate dalle 7.706 del 2020 alle 22.755 del 2024. Nel rapporto, però, emerge anche un dato significativo: il questionario quinquennale della Commissione sulla tutela ha ricevuto risposta da 81 diocesi delle 226 appartenenti alla Conferenza. Nel nostro Paese “si avverte una notevole resistenza culturale nell’affrontare gli abusi”. Per saperne di più, abbiamo parlato con la professoressa Mariangela Mazza (nel tondo), insegnante di religione al Liceo scientifico e responsabile del Servizio tutela dei minori della Diocesi di Alessandria.

Professoressa Mazza, come sono stati raccolti i dati del Rapporto?

«Lo studio pilota è stato realizzato dalla Conferenza episcopale italiana, con il Centro interdisciplinare di ricerca sulla vittimologia e sulla sicurezza dell’Università di Bologna e l’Istituto degli Innocenti di Firenze. L’obiettivo era una lettura, uno studio che si articolava in due fasi: analitica e sapienziale. Quella analitica, che ormai si è conclusa, prevedeva l’esame degli archivi delle 226 diocesi italiane. L’obiettivo era definire, da un punto di vista sociologico e statistico, il fenomeno: individuare i fattori di rischio, comprendere il contesto dell’abuso, migliorare la prevenzione. Le segnalazioni da analizzare, e su questo sono stati molto precisi nel sottolinearlo, erano quelle pervenute alle autorità ecclesiastiche diocesane nel periodo compreso tra il 2001 e il 2021, relative a presunti o accertati delitti sessuali su minori perpetrati dai chierici. Infatti, potevano risalire anche a un periodo precedente al 2001, però dovevano essere pervenuti dal 2001 al 2021».

Come è avvenuta la compilazione?

«All’interno di questo progetto pilota è stato dato del materiale che noi dovevamo compilare online. Data la difficoltà nel compilarlo, ci è stata anche fornita la copia cartacea su cui lavorare e poi avremmo dovuto compilarlo online e inviarlo al centro di ricerca. Per esempio, ad Alessandria nel momento in cui è arrivato il materiale ho contattato il Vescovo, abbiamo subito lavorato in due tranche e abbiamo consegnato tutto dopo Pasqua. Siamo stati nei tempi ma so che alcune diocesi, soprattutto nel Sud Italia, si sono lamentate perché il lavoro era troppo grande e non riuscivano a coordinarsi. Quindi ci hanno fatto un altro incontro online per sollecitare e tranquillizzare alcune diocesi, sul fatto che era solo uno studio sociologico».

I dati della nostra Diocesi non sono pubblicabili?

«Tutti i dati raccolti nelle Diocesi italiane dagli Istituti di ricerca sono stati finalizzati all’elaborazione sociologica dei risultati. Naturalmente questi dati sono in forma anonima, garantendo la riservatezza sia per le fonti sia per i contenuti. Inoltre sono analizzati in forma aggregata: non ci sarebbe neanche dispiaciuto che ci fosse una distinzione, perché rispetto ad altre diocesi la nostra situazione è decisamente migliore. Riguardo a questo tema, posso aggiungere che il questionario è diviso in cinque sezioni. La prima riguarda le informazioni sulle segnalazioni; poi i dati sociodemografici del presunto autore dei fatti; i dati dei fatti; la quarta parte è dedicata a processi e procedimenti, eventualmente attuati; infine, i dati della vittima».

È prevista poi la fase cosiddetta “sapienziale”.

«Sì, entro la fine del 2025, con il coinvolgimento di un gruppo di esperti nominato dalla Cei che dovrà formulare delle proposte operative per l’accompagnamento delle vittime, per la prevenzione, per i percorsi di recupero. Adesso ci è arrivato del materiale, disponibile a tutti, anche in vista della 5ª Giornata nazionale di preghiera per le vittime e i sopravvissuti agli abusi nella Chiesa, prevista per il 18 novembre».

Nel rapporto si legge: “Si avverte una notevole resistenza culturale nell’affrontare gli abusi in Italia”.

«Eravamo in tantissimi nell’incontro online, forse qualche referente inizialmente era poco consapevole del lavoro che li aspettava».

La resistenza più grande è aver sottovalutato l’impegno?

«Sicuramente. Ma anche l’idea di andare a cercare del materiale così vecchio, legato alla paura di quello che si potrebbe trovare e alla non conoscenza della situazione della propria diocesi. Noi siamo piccoli, ma ci sono alcune diocesi che hanno situazioni complesse e forse anche confuse. Noi abbiamo tutto in ordine ed è una cosa eccezionale, rispetto ad altri che non sanno neanche dove mettere le mani».

La Cei, però, ha dichiarato (il testo completo a pagina 4): “Nel ringraziare la Pontificia Commissione per la tutela dei minori per l’ampio spazio dedicato all’Italia nel II Rapporto annuale sulle politiche e le procedure della Chiesa per la tutela, la Conferenza Episcopale Italiana ritiene necessario integrare i dati del tutto parziali che sono stati offerti dal documento”.

«Certo, come s’è detto prima, solo 81 diocesi su 226 hanno risposto al questionario, c’è quindi ancora molto da fare. Noi siamo riusciti a fare tutto, ma ripeto siamo una diocesi piccola, senza casi problematici».

La nostra diocesi, intanto, prosegue il proprio percorso di formazione. A che punto siamo?

«Abbiamo iniziato questo percorso con due incontri e proseguiremo per elaborare quelle che possono essere le nostre linee guida. C’è un gruppo di lavoro che si sta preparando, quest’estate si è incontrato più volte con la dottoressa Mercuri (psicologa e collaboratrice del Consultorio per la persona e la famiglia, ndr), anche per costruire un centro d’ascolto. Stiamo lavorando su questo aspetto, anche alla luce delle indicazioni che sono arrivate dalla Cei».

Quindi l’intenzione è quella di aprire un centro di ascolto fisico?

«Non abbiamo le risorse, per ora, per aprire un centro fisico, ma stiamo strutturando un’équipe preparata e pronta all’ascolto. La mail del Servizio è sempre operativa, con la garanzia della riservatezza, come sempre. Se ci saranno delle segnalazioni, seguiremo l’iter stabilito dalla Cei, coinvolgendo quest’équipe che si sta formando».

Lunedì papa Leone ha incontrato un gruppo di vittime di abusi, appartenente alla rete Ending Clergy Abuse: la Chiesa continua a camminare verso la verità e la trasparenza. Che cosa manca ancora?

«La fiducia da parte delle comunità, perché stiamo lavorando, forse non tutti al cento per cento, ma tanti sì. Occorrono tempo e fiducia».

Lei ha mai avuto modo di parlare o incontrare una vittima?

«No, non mi hanno mai contattata. La mail e il mio cellulare sono sul sito. Mi hanno contattata per altri casi, ma non vittime di abusi. Magari, mamme con i figli in difficoltà hanno preso il cellulare sul sito e mi hanno contattata, ma non nello specifico per questo».

Qual è la mail a cui scrivere?

«L’indirizzo è: tutelaminori@diocesialessandria.it».

Cosa si sente di dire a chi ci legge e vuole denunciare?

«Se lo ritiene più semplice, può scrivere una mail: la leggo sicuramente e immediatamente, visto che ho la notifica sul telefono. Se preferisce parlare, invece, c’è il cellulare. Possiamo iniziare così e poi decidere un momento di incontro in luogo riservato, in cui si può sentire assolutamente protetto, a suo agio, e in cui può essere ascoltato da me o da qualcuno dell’equipe del Centro d’ascolto».

Alessandro Venticinque

Check Also

Male non fare, paura non avere – L’editoriale di Andrea Antonuccio

Care lettrici, cari lettori, apriamo questo numero di Voce con l’intervista di Alessandro Venticinque alla …

Sahifa Theme License is not validated, Go to the theme options page to validate the license, You need a single license for each domain name.