Antonio è nato nel 1943, fa parte di quella generazione che, con grande fatica e sacrifici personali, è passata da una condizione di estrema difficoltà economica ad una situazione di relativo benessere. È stato un innovatore nel suo settore di attività, ha creato aziende, ha creato ricchezza per se stesso e per tutti noi. Ma anche nei momenti di maggior successo non si è mai dimenticato da dove era partito. Ogni settimana prestava servizio volontario nel Banco Alimentare. Si era impegnato contro il dissennato sviluppo degli inceneritori e dei depositi di rifiuti nella sua provincia, Pavia, che secondo alcuni sta diventando la Terra dei Fuochi del Nord. Verso la fine degli anni 2000, con il sorgere della crisi economica, Antonio è entrato, come molti, in difficoltà. Dei clienti e dei soci non hanno tenuto fede ai loro impegni e l’attività di una vita è precipitata. Antonio si è rimboccato le maniche e da imprenditore è diventato consulente, ha continuato l’attività nel suo settore al servizio di altri. Negli Anni 90 aveva comprato una casa, accendendo un mutuo per ristrutturarla e per renderla adeguata ad ospitare la sua famiglia e quella delle sue figlie. Arrivato a 10 mila euro dal traguardo di completare il pagamento del mutuo, non è più stato in grado di mantenere la famiglia e contemporaneamente pagare il mutuo. Ha cercato una transazione con la banca mutuataria ma, nonostante la forte presenza nel capitale della banca stessa di fondazioni che hanno come scopo statutario il fare beneficenza, nessun dirigente di quella banca ha capito che la prima beneficenza è quella di aiutare le famiglie in difficoltà. La burocrazia bancaria, i dirigenti interessati soltanto al risultato trimestrale, ed al conseguente premio di produzione, hanno preso la scorciatoia del decreto ingiuntivo, del pignoramento e della conseguente messa all’asta della casa di Antonio. Il decreto ingiuntivo è stato fatto per 10 mila euro di capitale e 40 mila fra mora e interessi, a nessun magistrato che ha esaminato e deliberato sulla richiesta della banca è saltato all’occhio l’evidente incongruità delle cifre. Anche nel giudizio si è proseguito con cecità burocratica. La casa di Antonio è stata valutata 320 mila euro da una perizia del tribunale e all’ottava asta era in vendita per 26 mila. In una ordinanza, espressione allo stato puro della cecità burocratica, sì sostiene che 26 mila sarebbero stati un prezzo congruo. Antonio, che per tutta la vita aveva cercato di aiutare quelli meno fortunati di lui, non era preparato a tanta violenza e a tanta cecità, è sprofondato nella depressione, si è difeso poco e male. Poi un giorno, pensando che i suoi nipoti non potevano perde
re un tetto e che la sua famiglia non poteva sfasciarsi, ha deciso di reagire e di combattere fino in fondo l’ingiustizia e la violenza burocratica. Adesso Antonio, con il nostro aiuto, sta contestando punto per punto tutto il procedimento giudiziario che ha portato alla vendita della sua casa, si espone in prima persona per denunciare quanto sta succedendo a lui e a centinaia di migliaia di altre famiglie. Sta raccogliendo intorno a sé altre famiglie che non vogliono, per poche migliaia di euro di debito, vedere la loro casa venduta agli speculatori senza scrupoli che vogliono arricchirsi sulle spalle degli impoveriti. Un uomo coraggioso.
Scrivete a: segreteria.favordebitoris@gmail.com.
Giovanni Pastore