Paolo Berta (a destra, nel tondo, con il suo assistente Denny), figura molto nota in città per il suo impegno sociale e politico, è il fondatore dell’associazione “Idea”, che si dedica ad aiutare le persone disabili favorendo il loro inserimento sociale, nella scuola e nel lavoro.
«Con Oreste Corsi siamo partiti 30 anni fa. Abbiamo subito cercato una sede accessibile, in centro, per favorire l’inserimento sociale. E siamo partiti, il 5 dicembre 1990, insieme con altre cinque persone con disabilità».
Paolo, che cosa sono stati questi 28 anni per te?
«Io amo questa associazione come la mia vita, e tu sai quanto io ami la mia vita. Quando ho avuto l’incidente, 38 anni fa, giravamo per la città in due, io e un signore che era caduto da un albero di ciliegie. La gente pensava che le persone con disabilità fossero qualche decina, perché non uscivano di casa. Si vergognavano di sentirsi dire: “Eh, vedrai, vedrai”, oppure: “Vai a fare un giretto”. Pensa che ancora adesso qualcuno, qualche persona anziana, che magari non legge i giornali, che mi conosce solo superficialmente, mi dice ancora: “Vai a fare un giretto”. Io a volte sto zitto, a volte dico: “Guarda, sono 30 anni che non faccio più giretti” (sorride)».
Chiunque può iscriversi all’associazione “Idea”?
«Certamente. Noi abbiamo un centinaio di soci, dei quali almeno la metà sono persone con disabilità. Chiediamo rispetto, e siamo consapevoli di avere dei diritti esigibili, ma anche dei doveri, cosa che un po’ i cittadini sembrano dimenticare. E quindi, a tal proposito, quando ho visto cadere quel ponte a Genova e morire tutte quelle persone, ho detto: “Basta”».
Che cosa hai pensato?
«Ho voluto provare a coinvolgere di più i cittadini, non soltanto i soci “Idea”. Ho fatto un po’ di telefonate la sera del 14, e la mattina del 15 agosto ci siamo incontrati e abbiamo iniziato a pulire qui intorno le vie circostanti. E poi ci siamo trovati tutti i giorni alle 10 del mattino, fino al 3 settembre. Siamo cresciuti: da poche persone adesso siamo un centinaio, di qualunque estrazione sociale, economica, di età, di lavoro. Ci sono bambini, anziani, disoccupati, dirigenti d’azienda, avvocati, italiani e stranieri. Adesso ci vediamo nei giorni feriali, dalle 17 alle 19, qui nella nostra sede in via Toscanini».
Questo progetto lo avete chiamato “Nuovo Rinascimento”…
«Sono anni che in consiglio comunale inizio i miei discorsi dicendo che servirebbe un nuovo rinascimento nel modo di pensare, di comportarsi e anche di pretendere i nostri diritti. Basta con i veli pietosi, e basta dire: “Ma sì, tanto siamo in Italia”. Anzi, deve essere il contrario. “Siamo in Italia” deve essere un vanto, perché abbiamo tutte le caratteristiche, tutte le opportunità per diventare il Paese più bello del mondo. Gli italiani, se presi singolarmente, credo siano persone piene di qualità, inventiva, intelligenza… ma messi insieme rischiano di far emergere gli istinti meno nobili. E allora noi non diciamo: “Dovete comportarvi diversamente”. Noi cerchiamo di dare il buon esempio».
Quali sono i punti chiave di questo “Nuovo Rinascimento”?
«Quello che ho chiesto io è di fare una piccola rivoluzione, partendo da ognuno di noi, con il sorriso. Senza alzare i toni e dando l’esempio, senza ergersi su un piedistallo e senza lamentarsi. Abbiamo pulito alcune vie qui intorno alla nostra sede, abbiamo rilevato alcune anomalie, alcuni lavori pubblici fatti male, ma anche alcune cose fatte bene. Andremo dalle istituzioni per segnalare come vanno fatte le cose, naturalmente a nostro avviso. Non siamo noi i responsabili, ma usufruiamo dei servizi: marciapiedi, piste ciclabili, verde… Insomma, il bene pubblico. E le istituzioni verranno da noi. Ai primi di ottobre incontreremo il nuovo Prefetto, il dottor Antonio Apruzzese».
Come si può aderire a questa iniziativa?
«Contattandoci, o venendoci a trovare nella nostra sede in via Toscanini 9, di fianco a piazza Gobetti. Il numero di cellulare è 340 8322033; il numero fisso è 0131 260385».
La sede di “Idea” è aperta tutti i giorni?
«Sì, e il motivo è dare uno scopo alle persone con disabilità, anche gravi, per uscire di casa e avere un punto di riferimento. Si può anche stare qui a prendere un caffè, stare in compagnia, chiacchierare in una sede riscaldata d’inverno e fresca d’estate. L’abbiamo già rimessa a posto tre volte, perché nel 1994 l’alluvione ci ha distrutto tutto, anche tanta documentazione; nel 2014 l’abbiamo ovviamente ristrutturata perché erano passati altri 20 anni, e quindi adesso abbiamo una sede molto funzionale. E ce la godiamo».
C’è qualcosa che non ti ho chiesto e che ti preme dire?
«Ci sono anche molte persone che non hanno il coraggio di esporsi, di mettere il proprio volto in piazza, che preferiscono lamentarsi, telefonare da casa. Io invece invito tutti a venire qui, a vedere la sede e condividere le iniziative. Con questo “Nuovo Rinascimento” non è più il singolo cittadino che si scontra contro la burocrazia e le difficoltà, ma un gruppo che potrebbe anche diventare di qualche migliaio, non necessariamente di Alessandria. Ci sono anche persone da fuori che hanno aderito perché hanno visto su Facebook, o letto sui giornali, e ci hanno anche segnalato degli argomenti. Il prefetto Apruzzese ha dimostrato interesse e quindi noi auspichiamo che segua l’evoluzione di questa iniziativa. Ogni tre mesi chiederemo al sindaco, al presidente della provincia, ai direttori di Asl, Inps, Inail, al governo se le nostre richieste sono legittime e, in caso positivo, i tempi presunti per poter intervenire. Certo, sappiamo bene che questo “Nuovo Rinascimento” è una piccola rivoluzione, ma noi ci proviamo ugualmente. Per Alessandria, ma anche per la nostra regione e per tutto il Paese. Perché l’Italia possa “rinascere” come merita, nei diritti e nei doveri».
Andrea Antonuccio