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Anche Gesù Cristo è stato un rifugiato

Domenica 27 settembre la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato

Domenica 27 settembre si celebrerà la 106a Giornata mondiale del migrante e del rifugiato. Abbiamo intervistato don Valerio Bersano (in foto qui in basso), già parroco per 21 anni di Santa Maria di Castello ad Alessandria, attualmente direttore della fondazione Migrantes diocesana e Segretario nazionale delle Pontificie opere missionarie da novembre 2019.

Don Valerio, questa Giornata mondiale esiste dal 1914. C’erano già i migranti, allora?
«Il fenomeno dell’immigrazione coincide nel suo sorgere con l’inizio dell’umanità, perché ogni popolo, ogni famiglia, nel momento in cui ci sono difficoltà nel proprio ambiente, ha pensato di cercare una soluzione differente. È giusto, è normale che questo avvenga, ed è direi sorprendente che i “sorpresi” adesso siamo noi, convinti che questo fenomeno sia solo degli ultimi anni».

Il titolo del messaggio del Santo Padre, adottato anche nella locandina dell’evento, è: «Come Gesù Cristo costretti a fuggire».
«Il Vangelo di Luca ci ricorda che Gesù con la famiglia è stato costretto ad abbandonare il proprio Paese per fuggire da una situazione di pericolo. Questo pericolo ha diverse facce anche oggi: quelle del disastro ambientale, della guerra, di un conflitto o di una situazione di minaccia nei confronti soprattutto dei più piccoli e dei più deboli».

La Giornata è dedicata agli sfollati “interni”. Chi sono?
«Gli sfollati interni, a differenza delle persone coinvolte nel movimento migratorio, sono coloro che sono costretti ad abbandonare la propria abitazione per giungere in una situazione direi più favorevole all’interno dello stesso Paese, della stessa area geografica. Molte volte non attraversano un confine internazionale, ma di fatto sono costrette a lasciare la propria casa, a cambiare radicalmente vita, a rifugiarsi in luoghi che non conoscono».

È un fenomeno che abbiamo visto anche nel nostro Paese un po’ di tempo fa, e forse in qualche caso ancora adesso…
«Sì, l’Italia di fatto registra questo movimento di sfollati interni da parecchio tempo. Pensiamo, per esempio, al disastro della diga del Vajont, dove 1.400 persone hanno perso la vita e moltissime famiglie in quella zona si sono spostate. Tante famiglie sappiamo benissimo che provengono come origine da altre regioni, per vari motivi, perché magari in quella zona d’italia si moriva di fame o non c’era lavoro. E visto che nel momento in cui si spostano sono persone deboli, noi dovremmo avere un’umanità tale da convincerci che dobbiamo muoverci a loro favore, identificandoli con la presenza stessa del Signore. Avere occhi, riguardo, attenzione a queste persone significa avere la consapevolezza e la capacità di vedere Dio nell’altro. Ed è quello a cui la nostra fede cristiana autentica, non quella piena solo di devozione e di riti, ci porta: ala prossimità, all’attenzione, al’accoglienza, al sostegno».

Questa Giornata si “esaurisce” in una domenica, o è qualcosa di più?
«Io non posso accorgermi dell’altro soltanto perché apro gli occhi, qualcuno mi deve mostrare che nell’altro c’è un fratello. Le Giornate mondiali ci aiutano a focalizzare ciò che dovremmo fare sempre. Se ci sono è perché la nostra attenzione non è sempre così viva e accesa, abbiamo bisogno che qualcuno a un certo punto ci dica: “Fermati, rifletti, capisci cosa devi fare, soprattutto capisci quello che devi essere per l’altro”. Tante volte noi pensiamo e crediamo di spenderci per gli altri ma in realtà, purtroppo, chiudiamo la nostra vita in un barattolino, in progetti egoistici… gli altri sono un corollario, sono ai margini. Allora le Giornate ci vogliono anche un po’ “forzare” a essere autenticamente forti, capaci di relazioni e, sotto l’aspetto cristiano, discepoli di Gesù, cioè del Vangelo».

Andrea Antonuccio

Guarda l’intervista integrale

Guarda il video integrale dell’intervista del nostro direttore a don Valerio Bersano: dalla carta al video e… rintorno!

Questo e molto altro sulle InverViste di Voce.

 

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