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A che cosa siamo stati chiamati?

L’Editoriale di Andrea Antonuccio

Care lettrici, cari lettori,

domenica 27 si celebrerà in tutto il mondo la Giornata del migrante e del rifugiato. Su questa pagina troverete un’intervista a don Valerio Bersano, che ci dà con chiarezza un quadro della situazione di chi, nel nostro pianeta, è costretto a fuggire da casa propria per trovare condizioni di vita (e dignità) più accettabili di quelle da cui scappa.

Quello dei migranti e dei rifugiati è un fenomeno che, contrariamente a quanto si può pensare, esiste dalla comparsa dell’uomo sulla Terra. Anche Nostro Signore è stato migrante e rifugiato, insieme con i suoi genitori: non è un caso che il messaggio del Santo Padre Francesco per questa Giornata abbia come titolo: “Come Gesù Cristo, costretti a fuggire”, e come sottotitolo: “Accogliere, proteggere, promuovere e integrare gli sfollati interni”.

Non so com’è per voi, ma per me è un pugno nello stomaco pensare a Cristo migrante e rifugiato, e a come lo guarderei io, oggi, se mi si presentasse davanti chiedendo aiuto. Lo riconoscerei? Lo accoglierei? Fa bene don Valerio, nell’intervista, a dire che «avere occhi, riguardo, attenzione a queste persone significa avere la consapevolezza e la capacità di vedere Dio nell’altro» e che «io non posso accorgermi dell’altro soltanto perché apro gli occhi, qualcuno mi deve mostrare che nell’altro c’è un fratello».

E chi è quel “qualcuno”? Mi sembra che la risposta stia in questa frase del nostro vescovo, che trovate nel paginone centrale: «Io so che c’è sempre qualcuno che dà la vita con l’amore dell’Agnello per questo, perché la generosità delle persone è sempre grande: molte di loro sono chiamate dal Signore, attraverso accadimenti della vita, a occuparsi di certe cose perché ce n’è bisogno!». Chissà se tra queste persone c’è anche qualcuno di noi. Sappiamo già a cosa siamo chiamati?

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