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I soldi non risolvono i problemi, l’amore dell’Agnello sì!

Intervista al vescovo Guido Gallese

Eccellenza, da dove nasce l’accoglienza? Perché dovrei accogliere qualcuno che viene da lontano?
«L’accoglienza nasce dal bisogno del fratello, un bisogno che determina l’accoglienza, perché noi siamo chiamati ad amare tutti i fratelli. Si tratta di capire quanto questa accoglienza sia un’espressione di amore oppure no. Ed è lo stesso problema che ci poniamo quando vogliamo dare una monetina a un povero per strada…».

Ci può spiegare meglio?
«Trovo che per i poveri dovremmo fare di più, oltre a dare una monetina. Meritano di più, hanno una dignità che richiede un’attenzione particolare. E dobbiamo risalire al processo che produce povertà, per evitare che ci sia un’ulteriore generazione di poveri. Non dire: “Vabbè, tanto se uno diventa povero gli do una monetina per strada”. Non è questo il ragionamento».

Nel Vangelo Gesù dice: «I poveri li avete sempre con voi».
«È vero, non sto dicendo che dobbiamo sconfiggere la povertà. Dico che nel nostro rispondere al bisogno dei poveri certamente c’è l’accoglienza, ma c’è anche un’azione per cercare di ridurre il flusso generativo dei poveri e dei migranti: quelle situazioni di disagio in cui una persona lascia la sua patria e la sua famiglia, perché la vita in quella condizione è insostenibile. Se da una parte abbiamo il dovere dell’accoglienza, dall’altra abbiamo il dovere di intraprendere processi che vanno a ridurre le sofferenze delle persone. Non possiamo accettare che se una persona nasce in un certo posto, poi non viva bene a prescindere. Come se certe zone avessero una maledizione, contro cui nulla possiamo…».

La Giornata mondiale del migrante e del rifugiato di quest’anno è dedicata agli immigrati e sfollati interni. Noi come possiamo guardare a questi fenomeni, che in fondo ci toccano marginalmente?
«A noi deve interessare, perché dovremmo avere a cuore tutti. Ci sono persone che soffrono e non hanno la grazia di vivere in un Paese, come il nostro per esempio, in cui le cose nel bene o male vanno avanti in modo dignitoso e rispettoso del valore della persona umana. Ci sono posti in cui vivere è proibitivo, e per noi chi è lì rappresenta un fratello che soffre per questa sua non riconosciuta dignità».

Nella nuova Lettera pastorale lei sostanzialmente dice che fare il bene per il bene non è sufficiente. Non serve solo raccogliere dei soldi, quindi?
«Mi chiedo: è sufficiente archiviare il problema con una raccolta fondi, o riusciamo a creare un movimento più ampio? Io so che c’è sempre qualcuno che dà la vita con l’amore dell’Agnello per questo, perché la generosità delle persone è sempre grande: molte di loro sono chiamate dal Signore, attraverso accadimenti della vita, a occuparsi di certe cose perché ce n’è bisogno! Il punto non è dunque fare il bene per il bene, cioè la filantropia, ma è la carità di Cristo: è l’amore dell’Agnello che ci spinge, che ci chiama. La nostra sollecitazione non può essere solamente il solito cortocircuito “ascolto del problema – apertura del portafoglio”, ma è qualcosa di più… I soldi non risolvono i problemi, è l’Agnello che li risolve!».

Andrea Antonuccio

Leggi anche l’intervista a don Valerio Bersano:

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