Il #granellodisenape di Enzo Governale
La fotonotizia
Nell’ultimo sabato di luglio, in corso Roma ad Alessandria alcuni ragazzi hanno pestato violentemente un loro coetaneo. Le indagini della Polizia Municipale di Alessandria, hanno fatto emergere che si tratta di ragazzi italiani e stranieri, tutti minorenni.
Un breve video di questo episodio ha cominciato a circolare su alcuni Social Network, seguito dai commenti di diversi cittadini indignati e preoccupati dall’evidente violenza. L’Assessore alla Polizia Locale, Monica Formaiano ha dichiarato: «Ringrazio per l’impegno profuso e per l’attenzione ad un problema attuale e sentito dalla cittadinanza». Ma di proposte educative che possano prevenire questi episodi, neanche l’ombra.
Diventare adulti cancella la memoria
Indignazioni, prese di posizione, abusi comunicativi, manipolazioni mediatiche. Ho visto e sentito molto sui recenti episodi di violenza che hanno coinvolto alcuni giovani, sia in Italia che nella nostra tranquilla città. Il video dei ragazzi che, in pieno centro ad Alessandria pestano un loro coetaneo è davvero da brividi: c’è tutta la potenza del vuoto affettivo, la cecità di chi non riesce ancora ad agire avendo la consapevolezza che le azioni hanno sempre una conseguenza. Che a volte, purtroppo, è proprio la morte, come accaduto al giovane Willy Monteiro.
Ma ancora più violenta è la “non reazione” della società, a eccezione dei commenti indignati sui social, io non ho visto nulla. Nessuno ha preso parola per dire: il mondo degli adulti è troppo distante dai giovani, dobbiamo ricostruire un contatto reale con loro. Mi sarebbe bastato sentire questa frase e invece il commento più diffuso sui social è stato: “Quando eravamo giovani non facevamo queste cose”. Così mi chiedo, e vi chiedo: ma davvero i giovani di oggi sono così diversi dai giovani di venti, trenta, quarant’anni fa? Penso alla mia generazione, a quando avevo 14 anni: succedevano questi episodi? Sì. Purtroppo, ovviamente.
Se proprio vogliamo cercare una differenza, possiamo trovarla nella scintilla che rende cieco un giovane che usa la violenza. Trent’anni fa era più facile che fosse per fame, oggi è sicuramente per sazietà, per noia. Ma appunto, è solo una scintilla che accende una coscienza e un’affettività disastrate, alle quali basta un attimo per prendere fuoco e bruciare in pochi istanti il futuro di un giovane. Per molti è stato facile spostare l’attenzione sui social network, i videogiochi violenti o i genitori assenti, quando il vero vuoto è creato dalla distanza sempre più grande tra giovani e adulti. Per carità, sono motivazioni reali perché è proprio ciò che vivono i ragazzi di oggi, il loro mondo è diverso da quello che abbiamo vissuto noi da giovani.
Ma quanti adulti si impegnano per “dare da fare” a questi ragazzi? Non prendetemi per populista, ma l’amministrazione comunale, gli enti locali che “fanno cultura” dove sono? Pensiamo davvero che qualche concerto possa dare una svolta a questa tendenza?
I giovani – lo scrivo spesso in questo nostro spazio – hanno “solo” bisogno di una relazione vera con i loro adulti di riferimento e, se non ne hanno, c’è bisogno di adulti che tentano di esserlo, per accompagnarli nel complesso passaggio al mondo dei “grandi”. Della gioventù abbiamo tutti il ricordo della forza fisica, della mente libera dalle preoccupazioni, del potersi svegliare al mattino e decidere cosa fare durante il giorno. Nessuno di noi si ricorda di quanto fosse difficile costruire relazioni serie. Diventare adulti cancella la memoria, ma ricordare i timori e le difficoltà di quando si era giovani forse può aiutarci a entrare in empatia con i giovani e investire su di loro la risorsa più preziosa che abbiamo: il tempo.