La storia di Carlo Acutis,
il quindicenne che sarà presto Beato
Intervista esclusiva al postulatore, Nicola Gori
«Parecchi anni fa ho conosciuto Antonia Salzano, la madre di Carlo Acutis. Appena è morto mi ha chiesto di scrivere la sua biografia, senza mai averlo conosciuto di persona, seguita poi da un secondo volume. Poi quando la causa è passata da Milano a Roma, mi è stato chiesto di diventarne il postulatore. E io ho accettato…». Chi parla è Nicola Gori (in foto qui sotto), giornalista dell’Osservatore Romano, studioso di mistica e autore di diversi volumi di spiritualità. Siamo riusciti a contattarlo proprio all’ultimo minuto: «Questi, come potete capire, sono giorni davvero intensi» ci racconta. Chi s’imbatte nella storia di Carlo viene segnato profondamente. E questo indipendentemente dalla propria fede, dall’estrazione sociale o da che parte del mondo si proviene. Carlo è un testimone, un vero testimone del Vangelo.
Gori, può un ragazzo di 15 anni diventare Beato?
«Sì, e vi spiego perché. Questo ragazzo sin da piccolo ha mostrato moltissimo interesse per le cose di Dio. Era attratto dalla Chiesa, dai riti, dal catechismo. Nel corso degli anni, nonostante la sua giovane età, è riuscito a maturare un’esperienza spirituale che non è comune. Sia chiaro, era un ragazzo come gli altri, con tutti i problemi dell’adolescenza, ma ha approfondito e messo in atto il messaggio del Vangelo in modo eccezionale. In particolare, aveva una predilezione per l’Eucarestia e la Madonna, ed è proprio questo che raccomanda a noi».
È vero che andava tutti i giorni a Messa?
«Certo, anche da piccolo insisteva per farsi accompagnare. Non era una famiglia particolarmente devota, ma è stato Carlo che ha trascinato genitori e parenti alla fede. Tante volte ha pregato, e fatto pregare, per persone che si sono accostate ai Sacramenti dopo molti anni».
Lei ha dichiarato che «quando parliamo di Carlo abbiamo davanti un San Francesco dei nostri tempi». Ci spiega meglio?
«Le analogie con il Santo di Assisi sono tante. In particolare, una: San Francesco era figlio di un mercante ricchissimo, e anche Carlo veniva da una famiglia benestante. Ma tutti e due hanno preferito il messaggio del Vangelo ai costosi beni materiali. Carlo viveva in povertà. I genitori mi raccontavano che dovevano insistere per fargli comprare un nuovo paio di scarpe o di jeans (sorride). Ma a volte sgridava la madre se la vedeva comprare creme costose. Diceva che tutto era superfluo, perché prima bisognava aiutare i più poveri».
Quali sono i segni concreti che Carlo ha lasciato?
«Uno dei segni più evidenti riguarda il domestico di casa Acutis: era di religione induista, ma si è convertito al cristianesimo grazie a Carlo. Si è convertito non tanto per la “predicazione” del giovane, ma per la sua testimonianza. Il domestico diceva che se un bambino di quell’età riusciva a vivere in pienezza il messaggio cristiano, allora “quello è un Dio che esiste davvero”. Carlo è stato una calamita che ha attratto persone da tutto il mondo. Una figura di santità, un uomo di Dio dei nostri tempi, immerso nei social network e nelle comunicazioni sociali».
Aveva un talento incredibile per l’informatica.
«Dobbiamo dire che era un genio. Una passione nata dallo zio, che era un “cervellone” in questo ambito. Carlo faceva le medie ma studiava già sui testi universitari. Questa dote la metteva a disposizione non solo dei compagni di classe per tesine, ricerche e progetti, ma anche a servizio della diffusione della Parola di Dio. Aveva preparato un sito internet di volontariato, e poi l’ultima sua estate ad Assisi ha allestito una mostra sui Miracoli eucaristici di tutto il mondo. Aveva capito che con i mezzi di comunicazione sociale si può diffondere il Regno di Dio».
In che modo ha vissuto la malattia?
«È stata breve, si è concluso tutto in una settimana. I medici del San Gerardo di Monza inizialmente l’avevano scambiata per una semplice influenza. Quando negli ultimi giorni di vita gli hanno detto che era leucemia fulminante, non c’è stato più niente da fare. Ha vissuto la sua malattia con consapevolezza: medici e infermieri dell’ospedale hanno raccontato di essere rimasti colpiti da questo ragazzino per la sua testimonianza di serenità e affidamento a Dio. La prova è stata anche una sua frase detta negli ultimi giorni di vita: “Offro tutte le sofferenze che dovrò patire al Signore, per il Papa e per la Chiesa”».
Chiunque, conoscendo la storia di Carlo,
scopre il suo vero obiettivo: portare tutti a Dio
C’è un miracolo che ha dato il via alla beatificazione: ce lo racconta?
«Si tratta della guarigione di un bambino di una parrocchia in Brasile. Tutto è partito dal parroco che ha conosciuto Carlo su Internet, proponendo così due giorni di approfondimento a tutti i fedeli. Il 12 ottobre, nell’anniversario della morte, ha celebrato una Messa in suo onore. In quell’occasione è stata esposta anche una reliquia di Carlo (un pezzo del pigiama indossato dal giovane e macchiato di sangue, ndr), che tutti in coda veneravano e toccavano. Questo bambino brasiliano di 3 anni, che non riusciva a mangiare per una malformazione al pancreas, ha chiesto di poter guarire. Non riusciva nemmeno a camminare per la debolezza, ed è stato portato in braccio dai genitori davanti alla reliquia. Dopo la preghiera, ha iniziato a migliorare, guarendo incredibilmente. Di questo abbiamo delle testimonianze anche grazie alle visite mediche fatte sia prima che dopo il miracolo».
Giovedì 1° ottobre è stata aperta la tomba di Carlo. Il suo corpo è ancora intatto: che impressione le fa?
«Al di là della suggestione, è impressionante vedere una continua fila di persone che va a visitare la tomba. Il corpo è intatto, mentre il volto è una maschera di silicone. Gli abiti sono proprio quelli che Carlo usava quando era in vita».
Sabato 10 ottobre è il giorno della beatificazione, nella Basilica Superiore di San Francesco ad Assisi.
«Partiamo dalla sera prima: venerdì si celebra una veglia a Santa Maria degli Angeli, e un momento di preghiera anche in tute le chiese di Assisi, dove c’è l’Adorazione eucaristica fino a mezzanotte. Il giorno dopo, sabato, si svolge il rito per la beatificazione presieduto dal cardinal Agostino Vallini, alla presenza di tantissimi vescovi e di fedeli, nel rispetto delle norme sanitarie, che possono assistere alla celebrazione anche nelle piazze di Assisi. Ci aspettiamo davvero tanta gente. Domenica mattina, il Ministro generale dei frati superiori cappuccini di Assisi, padre Roberto Genuin, celebra una Messa di ringraziamento. Infine, lunedì 12 ottobre, la funzione per il primo anniversario della morte dopo la beatificazione è presieduta da monsignor Domenico Sorrentino (arcivescovo di Assisi, ndr)».
E dopo la beatificazione?
«Perché Carlo diventi santo occorre almeno un miracolo dopo la beatificazione. Poi questo dev’essere riconosciuto, prima dalla Congregazione dei Santi e poi dal Papa, con la firma finale per la canonizzazione. Vista la devozione nel mondo per il carisma di questo ragazzo, penso proprio che un altro miracolo non tarderà ad arrivare».
In lei che cosa è cambiato, dopo la sua esperienza di postulatore?
«Quando s’incontra la storia di Carlo non puoi rimanere indifferente, perché ti fa riflettere, ti coinvolge, ti mette in condizione di ripensare la vita. Chiunque, conoscendo Carlo, arriva a Cristo, all’Eucarestia. E questo è il suo vero obiettivo: portare tutti a Dio».
Un aneddoto su Carlo?
«Ce ne sono davvero tanti… Tutte le settimane metteva da parte la paghetta dei genitori, e quando aveva un bel gruzzoletto lo portava all’Opera di San Francesco dei poveri a Milano. Un altro episodio me lo hanno raccontato i genitori: per molte sere li obbligava a uscire con lui per le strade di Milano a distribuire coperte e pasti caldi ai senzatetto. Questo era Carlo Acutis: un vero testimone di Cristo».
Alessandro Venticinque