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Didattica a distanza: quali conseguenze?

La pediatra Sabrina Camilli

«Nella prima ondata, il periodo che va da marzo a giugno, abbiamo registrato addirittura una leggera diminuzione dei casi di rilevanza psichiatrica, parlo di ragazzi che hanno manifestato un vero e proprio disturbo mentale, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Il tutto è cambiato drammaticamente con la seconda ondata, il periodo che va da ottobre ad oggi, dove invece abbiamo registrato un forte aumento delle richieste di aiuto nell’ordine del 25/30 percento in più».

Chi parla è Stefano Vicari, neuropsichiatra infantile del Bambino Gesù e della Cattolica di Roma, che ha curato il libro della casa editrice Erickson “Bambini, adolescenti e Covid-19 L’impatto della pandemia dal punto di vista emotivo, psicologico e scolastico”, intervistato dal sito Orizzontescuola.

Abbiamo chiesto alla nostra pediatra Sabrina Camilli di aiutarci a capire che cosa sta succedendo ai nostri bambini e ragazzi, dal suo osservatorio privilegiato.

Dottoressa, rispetto alla prima ondata di Covid-19, in questa seconda ondata rileva delle differenze tra i suoi pazienti di scuola dell’infanzia, elementari e scuole superiori?

«Sì ci sono delle differenze. Le ho rilevate specialmente in questo ultimo mese di febbraio, dove stiamo notando un aumento delle forme virali in generale e che riguardano soprattutto i bimbi più piccoli (mi riferisco in particolare a bambini che frequentano la scuola infanzia e l’asilo nido). Inoltre personalmente rilevo un aumento del numero di bambini in sovrappeso e con obesità».

E sul piano psicologico, che sappiamo che ha una grossa influenza sulla salute fisica, vede delle differenze? L’impressione a prima vista è che alla scuola dell’infanzia l’impatto possa essere stato meno forte che per bambini dalle scuole elementari in su, obbligati a mascherine e periodi di Dad…

«Penso che tutti i bimbi avranno “memoria” di questo periodo. La memoria non è solo quella di cui si è consapevoli. C’è anche quella “implicita”, che resta dentro di noi ed “epigeneticamente” (cioè a livello di geni) ci cambia. Questo capita a tutte le età, nessuna esclusa. Ma nell’età in cui si trovano i miei piccoli pazienti c’è una maggiore neuro-plasticità. E poi ogni bimbo ha la sua storia: sicuramente molti sono stati di più con i propri genitori rispetto al passato ma comunque il clima psicologico vissuto non è certo sereno. Chi ha perso il lavoro, chi ha visto ridurre la propria retribuzione, chi ha avuto lutti e malattie dei propri cari: potrei continuare ancora a lungo questo elenco. I bambini piccoli (tra i 3 e i 6 anni) esposti a livelli di stress elevati e all’isolamento sono più a rischio di uno sviluppo atipico. Frequentare la scuola materna, con le maestre e gli altri bimbi, è comunque educativo e propedeutico alla socializzazione, ora più che mai. Nel mio studio rilevo che i bambini in questo periodo, per effetto di tutto quello che abbiamo detto sopra, sono più distratti, hanno più fobie e manifestano un eccessivo attaccamento alle figure di riferimento».

(Continua nel prossimo numero)

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