La storia di Laura Farabollini
Figli collegati nell’unico pc di casa, annoiati come mai nella storia: la Dad per molte famiglie corrisponde a questo panorama desolante. Ma ci sono anche dei docenti che hanno trovato soluzioni per far stare meglio i propri alunni: oggi vi parliamo di Laura Farabollini (in foto qui sotto), classe 1979, docente di Castelferro (comune di Predosa) che attualmente insegna alla scuola media Boccardo di Novi Ligure, all’istituto comprensivo 2. Sa suonare un clavicembalo francese, ma è anche “Learning Hero” (eroe dell’apprendimento, ndr) secondo i genitori dei suoi alunni. Ecco la sua storia.
Laura, tu sei anche musicista: quando hai capito che l’insegnamento era la tua vocazione?
«Mi sono laureata in lettere, ma ho anche quattro lauree conseguite al conservatorio: inizialmente volevo insegnare musica. L’ho fatto per otto anni, ma ho capito che a me piaceva il contatto con i ragazzi: l’insegnante che passa in assoluto più tempo con loro è quello di lettere, quindi ho deciso che quella sarebbe stata la mia cattedra. Nel frattempo continuo anche a fare la musicista: negli ultimi anni sono usciti due miei cd solistici, uno dedicato all’opera per strumento a tastiera di Domenico Zipoli e uno dedicato all’opera di Benedetto Marcello».
Ci racconti meglio del premio che hai vinto?
«Esiste questa piattaforma di promozione della buona didattica online, Twinkl, seguita da otto milioni di utenti. In occasione della giornata mondiale dell’istruzione, sul sito c’era la possibilità di segnalare un insegnante “virtuoso”. I genitori della mia classe hanno scritto facendo il mio nome e la scuola ha ricevuto comunicazione da Twikl: ho ricevuto l’attestato di “Learning hero” con tanto di bollino da mettere sul sito della scuola».
La motivazione del premio?
«Questo è ciò che hanno scritto i genitori: “Per l’eccezionale determinazione, la capacità di recupero e l’efficace didattica, per aver spronato i ragazzi a non mollare mai, a studiare e a reinventarsi, non lasciandoli mai soli sia in Dad che in presenza”».
Ci puoi raccontare come sei riuscita a conservare un buon clima in questa situazione disastrosa?
«Ho cercato di fare quello che faccio sempre: mi impegno per farli sentire parte di un progetto e provo a instaurare un buon rapporto con le famiglie. Alcuni genitori vedono i professori come dei nemici: io cerco ogni giorno di sfatare questo mito. Siamo tutti dalla stessa parte, che è quella del ragazzo. Soprattutto nella prima Dad abbiamo avuto dei ragazzi che sono “spariti”. Uno in particolare non si è collegato per un po’, all’insaputa dei genitori. Io ho cercato di mettermi in contatto con la famiglia e di fare insieme a loro un lavoro sull’autostima del ragazzo. Lui è tornato a lezione con delle lacune ma io ho cercato di spronarlo a dare il massimo di sé. Nella seconda Dad si è impegnato tantissimo ed è riuscito a recuperare alla grande».
Che cosa facevi per tenere alta l’attenzione dei ragazzi?
«Davanti a me avevo ragazzi stufi, quindi cercavo sempre di proporre attività coinvolgenti. Ho insegnato loro a usare diverse applicazioni, come i documenti condivisi di Google e le presentazioni: vedo che fare lavori di gruppo utilizzando queste app li appassiona tuttora. Invece di dire “studia il capitolo 5”, la consegna “fatemi in coppia una presentazione del capitolo 5 con delle slide e poi lo spiegate alla classe” ho notato che risulta molto più utile».
E dei social network parli mai in classe?
«I miei studenti rimangono molto impressionati dai casi di cronaca di ragazzi vittime di cyberbullismo sui social che poi si suicidano. Sono molto attenti quando ne parliamo insieme: rimangono colpiti dal fatto che il docente non è ignorante su questi argomenti. Io pratico i social, mi sono formata con diversi corsi all’Università Cattolica. Grazie a questa competenza, mi sentono più vicina, non mi vedono come “la nemica”. Ma ovviamente nemmeno come l’amica».
E come ti sei conquistata la fiducia dei genitori?
«Quando i figli cominciano la prima media, creano il gruppo di Whatsapp e dopo un po’ vengono a chiedermi una mano per gestirlo. Sanno che io ho una passione per il digitale, e la legalità. Premetto che io sin dalla prima media informo i miei studenti che Whatsapp a 11 anni è vietato e che “la responsabilità di eventuali vostre azioni illegali ricadono sui vostri genitori. Per legge, non potete prendere in giro tramite i social una compagna di classe: questo si configura come reato”. Racconto loro cosa ho imparato e lo stesso faccio con i genitori: faccio venire esperti a spiegare e approfondire, anche su Zoom».
Come hai fatto a non perderti mai d’animo?
«La fede mi è stata di grande aiuto: mantenere la speranza sempre viva è quello che cerco di fare tutti i giorni».
Zelia Pastore