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Fede, politica e responsabilità

Azione Cattolica

Sabato 19 febbraio il gruppo Fede/politica dell’Azione Cattolica del Piemonte e della Valle d’Aosta ha presentato online un sondaggio sul rapporto AC-Chiesa e AC-Politica (trovate tutti i dettagli sul numero scorso di Voce, o sul nostro sito lavocealessandrina.it). Tra i 52 responsabili di Azione Cattolica che hanno partecipato all’incontro c’era Roberto Tasso, segretario diocesano AC. Gli abbiamo chiesto un parere.

Roberto, di questo sondaggio che cosa ti ha colpito di più?

«Più di un aspetto dell’indagine mi ha colpito, ma mi ha anche confermato impressioni già esistenti. Un primo elemento è la valutazione del contesto relativo alla pandemia: alcuni ritengono che il Covid stia indebolendo la comunità cristiana, mentre altri pensano che questa fase critica stia portando semplicemente in luce fragilità già presenti. Un secondo elemento è quello relativo alla dinamica ecclesiale di cui si parla da tempo, e divenuto ora molto attuale nel percorso sinodale che stiamo compiendo in Diocesi verso le Unità pastorali, ed è quello del rapporto laici-preti: anche durante il dibattito diversi interventi hanno evidenziato come il tema della corresponsabilità resti un punto aperto, soprattutto nei rapporti ecclesiali e pastorali».

Come si sviluppa oggi il rapporto tra Azione Cattolica e politica?

«Le risposte al sondaggio confermano in larga misura la corretta comprensione della scelta religiosa fatta dall’AC già con lo Statuto del 1969. Stupisce un po’ che alcuni, non molti a dire il vero, abbiano invece seri dubbi sulla questione o ritengano che l’AC non debba occuparsi di politica perché non riguarda l’ambito spirituale ed ecclesiale, o perché divide e si basa su compromessi che mettono in discussione i valori della fede. Il notevole interesse per la dimensione socio-politica da parte dei laici di AC trova però difficoltà a esprimersi nella comunità ecclesiale, talora all’interno della stessa AC. Il primo motivo di disagio è costituito dal fatto che quelle socio-politiche sono questioni scomode, che suscitano contrasti e divisioni».

Cos’altro ti ha colpito?

«Un ultimo elemento che vorrei mettere in luce è la modalità con cui i responsabili di AC si formano un giudizio sulla situazione socio-politica e sui principali problemi che viviamo. Nel primo gruppo di “fonti” utilizzate troviamo il Vangelo e il magistero del Papa, e questo non stupisce. Quello che invece appare un dato decisamente controcorrente rispetto alla percezione diffusa è che nel penultimo gruppo compaiono i media cartacei (periodici non cattolici, stampa associativa, periodici cattolici) e nell’ultimo gli altri media, che godono tutti di limitata o scarsa affidabilità (telegiornali, social e blog di singoli o di partiti politici) e, ultimissimi, i talk show televisivi».

Alla luce di queste evidenze, quale contributo può dare l’AC diocesana al rapporto fede-politica? Tenendo anche conto del fatto che ad Alessandria si voterà a breve…

«Prima di tutto occorre dire che non è facile pensare a contributi in termini di iniziative mirate, soprattutto nel contesto di elezioni imminenti, senza avere prima “preparato il terreno”. Proprio questo può essere l’apporto che l’AC può dare a livello diocesano: attraverso momenti di formazione nella vita associativa ordinaria si possono approfondire alcune tematiche legate alla politica e al sociale, in modo che le persone sviluppino proprie capacità di giudizio e non si fermino al “sentito dire”. Questo porterebbe anche a maturare e coltivare un maggior senso di partecipazione; che non significa necessariamente “entrare in politica”, ma più semplicemente interessarsi, scegliere con consapevolezza, non delegare. Evidentemente il percorso non è né facile né immediato ma richiede lavoro e tempo».

Nel dibattito scaturito dalla presentazione dei dati del sondaggio, è emersa la necessità di un’assistenza spirituale a chi fa politica. Ne abbiamo parlato con don Vittorio Gatti, Assistente regionale del Settore Adulti di Azione Cattolica, anch’egli presente all’incontro di sabato 19.

Don Vittorio, cosa c’entra la spiritualità con la politica?

«Non dobbiamo pensare che quando si parla di spiritualità si faccia riferimento a ciò che non è “materiale”, anzi, si intende l’azione dello Spirito su tutta la realtà della persona umana che non è fatta solo di anima. In questo senso ogni cristiano, e il laico in maniera peculiare, è chiamato a vivere pienamente le relazioni umane e sociali, direi la dimensione di “incarnazione” caratteristica della nostra fede. Certo la politica è talvolta intesa come terreno difficile, insidioso, divisivo e in un recente passato (che in qualche caso sembra ancora presente) rischia di asservire a sé la scelta di fede. Proprio per questo i credenti impegnati in politica necessitano di una autentica vita spirituale, che si sviluppi in quel tessuto comunitario essenziale alla vita cristiana. E anche la comunità ha bisogno di lasciarsi guidare dallo Spirito, proprio per accompagnare e sostenere i suoi membri che si mettono a servizio della società: in questo mi sembra che l’Azione Cattolica e tante espressioni del mondo associativo abbiano una sfida aperta».

Andrea Antonuccio

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