Intervista a padre Lorenzo Tarletti
Ottantamila ragazzi provenienti da tutta Italia, compresi tra i 12 e i 17 anni, guidati da 60 vescovi (tra cui il nostro, monsignor Guido Gallese) e seguiti da decine di sacerdoti ed educatori. Questi i numeri e i volti di “#Seguimi“, il pellegrinaggio degli adolescenti organizzato dalla Conferenza episcopale italiana, che ha avuto il suo momento centrale lunedì 18 aprile in piazza San Pietro a Roma. Un bel gruppo di giovani proveniva dalla nostra Diocesi: giovani, ragazzi e ragazze, accompagnati dai seminaristi Alessandro Capra e Matteo Chiriotti insieme con don Vittorio Gatti, don Mario Bianchi e padre Lorenzo Tarletti (nella foto). Proprio a lui, durante il viaggio di ritorno, abbiamo chiesto di raccontarci com’è andata.
Padre Lorenzo, che pellegrinaggio è stato?
«Certamente è stato un momento significativo per la nostra Diocesi, presente con un centinaio di ragazzi. Sappiamo tutti molto bene che far muovere dei giovani non è facile… e invece questi ragazzi hanno vissuto con positività questo pellegrinaggio, che ci porta alla Veglia per le vocazioni del 7 maggio nella nostra Cattedrale. Gli adolescenti hanno potuto vedere che c’è una realtà di Chiesa viva, che annuncia e testimonia. A volte le nostre realtà locali sono un po’ sprovviste di questi momenti… questo è un tema su cui dobbiamo riflettere».
Avete respirato l’universalità della Chiesa, insomma.
«Proprio così, e abbiamo anche vissuto una comunione tra i nostri oratori. Confrontarsi è sempre bello, stare insieme è importante per parlare e scegliere: oggi per i giovani c’è il rischio di seguire percorsi che non portano a nulla».
Che responsabilità avete voi educatori nei confronti dei giovani, dopo questo pellegrinaggio?
«Adesso il nostro impegno è tutto per loro: dopo un momento così bello, c’è un cammino che ci proietterà idealmente verso la Giornata mondiale della Gioventù, che si terrà a Lisbona nel 2023. Fra qualche mese inizieranno i centri estivi, e molti dei ragazzi che hanno partecipato al pellegrinaggio saranno coinvolti come animatori».
Qual è a tuo avviso il “punto debole” dei giovani, oggi?
«Non sempre trovano la possibilità di vivere un’esperienza all’altezza del loro desiderio, e spesso è colpa di noi adulti, che dobbiamo crescere come Chiesa ed essere propositivi. A volte ci portiamo dietro uno standard vecchio, e gli adolescenti non lo comprendono».
Che cosa ti ha colpito, di questi giorni a Roma?
«Da una parte, la fatica del Papa; e, dall’altra, il suo essere presente su più fronti, con il desiderio di fare quello che annuncia. Mi colpisce tantissimo la sua testimonianza».
Andrea Antonuccio
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