Dopo gli eccessi di volgarità e stupidità di questi ultimi giorni (al Grande Fratello Vip, ma anche in altre trasmissioni televisive) c’è da chiedersi dove stia andando a parare la nostra tv.
Certo, c’è chi dice che in fondo la televisione riproduce la società per come essa è. Indulgendo, nella logica del “tanto peggio, tanto meglio”, sugli aspetti deteriori e meschini dell’animo umano.
C’è anche chi sostiene che, in realtà, la tv non sia solo lo specchio della società, ma essa stessa i comportamenti e i modi di pensare di ognuno di noi. Anche di chi, bontà sua, la tv non la guarda e si illude di essere immune da qualunque “cattiva influenza”.
Non c’è rimedio, allora? Non è detto. Bisognerebbe cercare, ammesso che esista, una “buona tv“. Non in senso moralistico, per carità: si rischierebbe di giocarsela, con mezzi molto meno potenti, sullo stesso piano di chi fa assurgere il piccolo schermo a maestro di vita, nel bene e nel male.
Meglio sarebbe cercare (e sperare di trovare) una tv ben fatta, professionale e adatta a tutti. Una tv che tutti possano guardare, con vari livelli di comprensione, senza doversi vergognare. Una tv, tanto per fare un esempio, come quella di Ettore Bernabei (nella foto), quel “signore della televisione“ che dal 1961 al 1974 fu direttore generale della Rai e guidò l’azienda pubblica con una intelligenza e una apertura mentale che nel tempo anche i molti detrattori di allora gli hanno riconosciuto.
La lista dei programmi della Rai di Bernabei è lunga e gloriosa: Non è mai troppo tardi, l’Odissea, i Promessi sposi (regia di Sandro Bolchi, con Nino Castelnuovo e Paola Pitagora) il Gesù di Nazareth diretto da Zeffirelli, i varietà del sabato sera con le Kessler in calzamaglia… e mi fermo qui.
Confrontiamoli con le miserie della tv di oggi, e facciamoci qualche domanda. Una, su tutte: avremo mai in dono un altro Bernabei, che possa risollevare la nostra misera televisione?