Il 27 gennaio 1945 le truppe sovietiche dell’Armata Rossa liberavano il campo di concentramento di Auschwitz e a quella data si fa rifermento per celebrare il “Giorno della Memoria”, istituito diciassette anni fa con una legge per ricordare le vittime della Shoah, le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione nei campi di concentramento nazisti. Ma anche coloro che, mettendo a rischio la propria vita, hanno protetto e salvato i perseguitati dal fascismo.
Alessandria e la sua provincia arriva a quella data con un lavoro di studio e di sensibilizzazione attraverso il coinvolgimento delle scuole secondarie di secondo grado iniziato il 21 novembre dello scorso anno con la proposta del tema “Totalitarismi e Shoah”, con lezioni dei professori Agostino Pietrasanta e Gian Piero Armano e con un concorso su un elaborato per classe. “Il regime nazionalsocialista fece del razzismo (dell’antisemitismo in primo luogo, ma non solo) un dogma e un pilastro del proprio agire politico”, afferma don Gian Piero Armano. “Questa affermazione pone alcune domande a cui bisogna rispondere per poter capire bene quanto è avvenuto in Germania e in Europa, a cominciare dagli anni ’30 del secolo scorso fino alla fine della seconda guerra mondiale: i capi del nazionalsocialismo, i teorici di questa dottrina, si sono serviti di una teoria della razza rigorosamente biologistica, oppure si sono rifatti a concezioni razziste di natura spiritualista?”.
Per il sindaco e presidente della Provincia, Rita Rossa, “la memoria non deve essere solo ricordo ma divenire e caratterizzarsi come laboratorio per una presa di coscienza approfondita, matura e responsabile che accomuna tutte le istituzioni: Comune, Provincia, Ufficio Scolastico Territoriale, Conservatorio di Musica, rappresentanze della Comunità ebraica e delle altre Chiese e Confessioni religiose coinvolte nel programma. La conoscenza della storia e di quello che è successo a causa dell’avvento del nazifascismo diventa , infatti, il primo antidoto perché quel male non si ripeta più – nell’oggi e per il futuro, qui e altrove – e si possano creare anticorpi in grado di fronteggiare qualsiasi forma di violenza, razzismo e sopraffazione”.
Marco Caramagna