Così come è sempre più difficile far capire l’esigenza di una cooperazione missionaria pianificata e regolare che vada al di là della risposta immediata, emotiva e generosa agli appelli in occasione di emergenze dovute, ad esempio, a prolungate carestie, a guerre, disastri naturali o altri eventi. E non sempre è facile far comprendere che ogni battezzato porta in sé la responsabilità della cattolicità della Chiesa e quindi della collaborazione all’evangelizzazione universale, per cui le iniziative particolari di aiuto a questa o quella missione, non dovrebbero pregiudicare l’impegno comune per sostenere tutti i missionari e tutte le Chiese di missione, senza discriminazioni o particolarismi. Devono quindi ricredersi quanti pensano che le Pontificie Opere Missionarie abbiano esaurito il loro compito, quello cioè di essere, in seno alla Chiesa, espressione della comunione e della fraternità universale. Attraverso il Fondo Universale di Solidarietà, costituito dalle offerte dei fedeli di tutto il mondo, sono infatti in grado di sostenere un programma annuale di aiuto a favore di tutte le Chiese di missione, in vista della loro progressiva autonomia e per metterle in grado di corrispondere, a loro volta, alle necessità delle Chiese sorelle più bisognose.
Quello che in un primo momento potrebbe apparire come un modello debole di cooperazione, per il suo carattere intrinsecamente anonimo e universalistico dal momento che riunisce in un unico Fondo centrale i contributi di tutti i donatori privandoli della comprensibile gratificazione propria dell’aiuto diretto e personalizzato, in verità si rivela una preziosa testimonianza di quella gratuità evangelica che suggerisce, nel fare elemosina, di non far sapere alla mano destra ciò che fa la sinistra (Mt 6, 3-4), sottolineando così che l’autenticità dell’o erta risiede più nel sacri cio e nell’amore disinteressato che la motiva piuttosto che nel suo valore materiale.
Tommaso Galizia