Commento al Vangelo di Domenica 11 febbraio 2018
VI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Oggi, nonostante la medicina sono presenti nel mondo circa 200mila casi di lebbra. Nell’antichità, nella mentalità del Primo Testamento questa malattia era considerata ancora più grave poiché non si conoscevano le cause della patologia e le cure per debellarla, ma ancor di più grazie a due fattori estranei che hanno contribuito ad accrescerne il terrore.
Primo: la convinzione, oggi errata, che la malattia fosse totalmente contagiosa. Secondo: la convinzione, priva di fondamento, che la lebbra fosse una punizione per il peccato. La Parola di Dio di questa domenica propone l’esperienza della lebbra come punto di incontro tra i temi della salute fisica e della salvezza spirituale.
La pagina del Levitico è tratta dalle indicazioni inerenti alla purità cultuale, che in questo caso colloca la lebbra, tra la salute fisica e la salvezza spirituale. La malattia della lebbra, o più genericamente, una malattia della pelle, diventa segno di impurità cultuale, sociale e familiare e la sua guarigione deve essere ratificata dai sacerdoti. Qui risulta chiaro che la guarigione fisica è verificata dagli esperti della salvezza spirituale, i sacerdoti.
La pagina evangelica propone un caso simile di lebbra, ma una soluzione diversa: Gesù agisce e interpreta la lebbra nel suo stile. A fatica giunge un lebbroso, si avvicina a Gesù e supplicandolo in ginocchio, lo riconosce come Dio: “Se vuoi, puoi guarirmi”. Subito una reazione di Gesù… “mosso a compassione”. Compassione ha a che fare con il “sentire nelle viscere”: Gesù ha tenerezza di quel malato, isolato fisicamente, socialmente e moralmente.
Se vuoi puoi guarirmi
Compassione ha a che fare con l’”essere adirato”: Gesù è arrabbiato nei confronti della crudeltà dell’emarginazione e forse sfida i testimoni. E poi seguono tre verbi davvero interessanti: “stese”, “toccò” e “guarì”. Stese: un gesto tipico di Dio. Anche oggi Dio stende la sua mano soprattutto verso coloro che soffrono, subiscono ingiustizia e sono messi a margine della società. E lo fa attraverso i credenti cristiani e tutti gli uomini e donne di buona volontà che diventano vicini nella soff erenza, lottano per la giustizia, si fanno uomini e donne dell’accoglienza. Toccò: un gesto semplice e pieno di umanità, tenerezza e passione.
Colpisce in questo gesto di Gesù il fatto che egli vada oltre le prescrizioni mosaiche e ancor di più verso quel senso di disgusto nei confronti del lebbroso. Quante volte si ha disgusto o paura della malattia e non ci si accosta all’anziano, al portatore di handicap, all’emarginato sociale. Gesù insegna a superare se stessi per non temere la malattia, ma per darle un senso cristiano. Guarì: è la volontà di Dio verso tutti di far guarire da ogni lebbra presente nelle vite delle persone, nella società, nel mondo. È una volontà che si coniuga con il verbo Amare: l’amore di Dio per me, per te, per ogni uomo, viene prima di ogni cosa. Può esistere una fede senza l’esperienza diretta del miracolo, ma non può esistere il miracolo senza una fede coerente e vissuta.
don Giuseppe Di Luca