Emanuela, 55 anni, lavora al progetto della «Locanda della Misericordia» da un anno.
Possiamo raccontare chi è Emanuela e che percorso ha fatto per arrivare qui?
«Qualche anno fa il nostro gruppo si è trovato insieme a un gruppo di esperti. Eravamo interessati all’argomento, soprattutto su come accogliere persone che hanno avuto una separazione, un divorzio o una nuova convivenza. Io personalmente ho subito separazione e divorzio dieci anni fa. Questo avvenimento ha scombussolato la mia vita e già dieci anni fa avevo intenzione di provare a far qualcosa al riguardo».
Dopo il Giubileo della Misericordia, cos’è cambiato nella sua vita?
«Io ho sentito molto vicino questo Giubileo. Posso infatti dire che per me non è ancora finito. Anche grazie a questo Giubileo è nata l’idea di questi nostri incontri. Credo che tutte le persone siano in ricerca. Questa Locanda della Misericordia è l’opportunità di trovare qualcosa, ma anche l’occasione di pregare insieme. Cercheremo di chiarire dubbi e dare risposte. Se non saremo in grado di rispondere, daremo amore e tranquillità».
Che cosa si aspetta dalla Locanda, per sé e per gli altri?
«Purtroppo non posso rispondere a questa domanda. Siamo troppo all’inizio per aspettarci qualcosa. Abbiamo molte domande: “Saranno tanti?”, “Riusciremo nel nostro intento?” o “Saremo all’altezza?”. L’unica cosa che possiamo fare è affidarci al Signore e farci suo strumento».
Perché si è impegnata in questo percorso?
«Ho sempre frequentato assiduamente la chiesa, poi è arrivata l’esperienza inaspettata del divorzio che mi ha sballottata. Ma io, cocciuta, sono rimasta all’interno della chiesa e non ho perso la mia fede. Molti che hanno vissuto la mia stessa esperienza non hanno continuato il loro cammino di fede. Quindi, la mia disponibilità è per cercare di non far disperdere queste anime, cercare di mantenere il “gregge” più compatto possibile».
Alessandro Venticinque