Nel Venerdì Santo e nel giorno del Sabato Santo, prima della solenne Veglia Pasquale, la Chiesa, per antichissima tradizione, non celebra l’Eucarestia. Nell’Azione liturgica del Venerdì Santo si commemorano i due aspetti del mistero della croce: la sofferenza che prepara la gioia di Pasqua, l’umiliazione e la vergogna di Gesù da cui sorge la sua glorificazione. È già Pasqua: Cristo muore sulla croce, passa da questo mondo al Padre; dal suo costato sgorga la vita divina; si passa dalla morte del peccato alla vita di Dio. La solenne Azione Liturgica del Venerdì Santo si divide in quattro momenti: Liturgia della Parola, Preghiera Universale, Adorazione della Croce e Comunione Eucaristica e inizia con la preghiera silenziosa, in ginocchio, di tutta l’assemblea. Il mistero della Croce è al centro della liturgia della Parola. È la Croce del profeta: nessuno ha parlato come lui e ora vogliono chiudergli la bocca per sempre. È Croce del testimone: nessuno come lui è disposto ad amare fino in fondo. È la Croce del sacerdote che offre non una vittima animale, ma se stesso: che versa il proprio sangue. La proclamazione del Vangelo della Passione, con un tono più austero, rispetto al giorno delle Palme, richiama il mistero del sacrificio totale di Cristo per tutti. In risposta alla Parola è collocata una lunga Preghiera Universale, che esprime veramente l’apertura della comunità al mondo intero, cosciente che la salvezza di Cristo è offerta a tutti gli uomini. L’assemblea in piedi, ascolta l’intenzione formulata da un lettore, tutti pregano in silenzio e il celebrante conclude ogni volta con una orazione. L’adorazione della Croce di Cristo è il terzo momento dell’Azione Liturgica del Venerdì Santo. Gesù ha celebrato la sua pasqua, “passando” attraverso una morte dolorosa e umiliante per giungere alla risurrezione gloriosa: onorando la sua Croce, il cristiani adorano e ringraziano Gesù per il suo amore. La “ostensione” della Croce si svolge in tre momenti successivi, percorrendo un breve cammino dalla porta della chiesa verso l’altare. L’assemblea risponde all’invocazione del celebrante la sua fiducia nella Croce di Gesù cantando: “Venite, adoriamo!”. In questa Liturgia non ci sono offerte da presentare al Padre; non viene rinnovato sull’altare il sacrificio della croce, ma si fa la comunione con il pane eucaristico consacrato il Giovedì Santo. È il quarto momento di questa Liturgia. Alla fine della comunione eucaristica, l’assemblea, dopo l’orazione si scioglie nel silenzio. Il silenzio. Quanto fa paura il silenzio, quanto si vuole stare distanti dal silenzio, quanto si vuole fuggire dal silenzio. Silenzio rivelatore, silenzio dialogo con Dio, silenzio segno d’amore. Il Venerdì Santo con la sua liturgia esprime una liturgia della croce intrecciata con la teologia della gloria. Non è un giorno di lutto, ma di contemplazione del sacrificio di Cristo, che si dona tutto a tutti. L’aspetto della passione e morte è sempre congiunto con quello della resurrezione e della glorificazione di Gesù. La “beata passione “ di Gesù, è tempo di vivificante dolore, di amoroso sacrificio, di luminosa offerta di sé, che Cristo compie nel lasciarsi inchiodare sulla croce “scandalo per i giudei e stoltezza per i pagani” (1Cor 1,23). La croce si colloca nella vita di Cristo non come un “incidente di percorso”, ma come culmine di un’esistenza oblativa, quale fu quella di Gesù. La croce non è il gusto macabro di un Dio vendicatore, né la scelta auto-distruttrice di Cristo. La croce di Gesù non è un sacrificio inutile, fine di ogni speranza, per Cristo stesso e per i suoi. La croce di Gesù non è un culto cristiano della sofferenza in sé. La croce di Gesù è il gesto centrale di una scelta eterna di amore tra il Padre e il Figlio, capace di scardinare la disperazione del mondo e aprire tutti all’eternità.
don Giuseppe Di Luca