Continuiamo nel viaggio alla scoperta delle persone e delle storie dietro ai sei giorni del pellegrinaggio diocesano a Lourdes. Sei giorni, una preparazione lunga un anno fatta non di solisti ma di un grande lavoro di squadra.
Una volta si chiamava “capo barelliere” e, come tanti altri incarichi, era affidato a una persona senza una scadenza precisa. Negli ultimi decenni, come tutti gli incarichi, ha una durata più limitata e definita. Ha anche cambiato nome, oggi si chiama “responsabile tecnico” e, no, non è solo un vizio di forma. Tradizionalmente è persona matura per via dell’esperienza di servizio accumulata negli anni. Ma quando un ragazzino annusa per la prima volta l’aria di Lourdes a nove anni, mano nella mano con papà Pierino e mamma Maria, e quell’aria la respira per gran parte della sua vita, a 35 è pronto per un ruolo di responsabilità. Così, al giovanissimo Paolo Zucchelli, da poco sposato con Rita, fu affidato il pellegrinaggio del centocinquantesimo anniversario delle apparizioni, nel giungo 2008.
Paolo, per quanto tempo hai fatto il responsabile tecnico?
«Per 3 anni: il primo anno sono diventato scemo, il secondo sono diventato pazzo, il terzo anno ho delegato molto di più e mi sono fidato molto di più. Come un buon allenatore si fida dei suoi uomini, il responsabile tecnico deve potersi fidare dei propri. Fare tutto è impossibile e non è giusto. Deve quindi fidarsi e scegliere la squadra in base alle capacità di ognuno; è come far combaciare i pezzi dei Lego, arrivi al punto di trovare un pezzo che non si incastra con gli altri e sei costretto a ripartire da capo. Mi piace che le cose siano fatte bene: tutto ciò che può essere programmato va programmato, non bisogna lasciare nulla di approssimato, se viene una difficoltà o un imprevisto ci si adopera per risolverlo. Non esiste il pellegrinaggio perfetto ma quando c’è la buona volontà da parte di tutti la cose vanno bene lo stesso».
Quali sono le difficoltà’ del responsabile tecnico?
«Avere tempo necessario per tenere sotto controllo tutto: la composizione del treno, dell’aereo, dei pullman, la scelta dei pasti in treno, gli orari delle funzioni da concordare con il Santuario, l’organizzazione dei servizi con i responsabili, la dislocazione del personale nei vari servizi. Qualsiasi cosa passa dal responsabile tecnico. Far combaciare tutto è difficile e porta via del tempo alla famiglia e ai propri hobby. Quando arriva il momento che chiudi la porta del treno sai che hai fatto tutto quello che potevi fare, ti affidi a Lei e vai avanti, rimangono solo da risolvere i problemi che possono insorgere».
Cosa hai imparato da questa esperienza?
«Dovendo stare attento a qualsiasi cosa non hai il tempo per te stesso, è un servizio che ti prova come persona, però impari a conoscere meglio i tuoi collaboratori e impari a fidarti di loro».
Hai qualche aneddoto in merito?
«Mi è capitato di scavalcare un cancello perché mi sono dimenticato i ceri e i messali e sono andato a prenderli di corsa. Da responsabile vedi tutte le cose che non vanno, se però i malati, i pellegrini e il personale ti fanno gesti di stima, capisci che hai fatto un buon lavoro…. ma sapessi le volte che ho sudato freddo!» (ride).
Rino Campodipietro