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Il punto di vista – C’è bisogno di buone notizie

In questi tempi si parla, e si scrive tanto, riguardo ai preti pedofili, a quelli che non si comportano bene nella vita privata, che hanno ambizioni carrieristiche, che si arricchiscono e favoriscono il “nepotismo”, che prediligono alcune amicizie particolari, che non vanno a visitare gli ammalati, che disertano i confessionali e si potrebbe continuare ancora, ma basta così.
È ora di cambiare tendenza perché dire male dei preti, e a volte con accanimento, per giustificare magari la propria mancanza di fede cristiana e lontananza dalla Chiesa, genera sempre scontento, sfiducia e amarezza.

Il popolo di Dio ha bisogno di ben altro per guardare avanti con la consapevolezza che in questo mondo la perfezione è assai desiderabile, ma poco raggiungibile a causa dei nostri limiti, pregiudizi, intolleranze di vario genere.
C’è bisogno di buone notizie… Ecco perché ho accettato l’invito dell’amico Andrea, direttore di Voce, di scrivere la mia esperienza di conoscenza pluriennale di un sacerdote, chiedendo all’interessato la sua approvazione.

L’umiltà e il non mettersi in mostra fanno parte della sua personalità.
Voglio prima aggiungere alcune riflessioni.
Sono tanti i bravi preti che vanno o tentano di andare seriamente alla sequela del Maestro Gesù, che vivono nel nascondimento e agiscono senza clamore.
Sono come una foresta che cresce silenziosa, nella quale noi laici amiamo entrare per respirare aria pura e guardare l’azzurro del cielo che ci appare ancora più bello.
Ogni prete, che compie il suo dovere e adempie alle promesse fatte sull’altare di fronte a Dio e alla comunità, ha il suo talento, o i suoi talenti, che mette con gioia al servizio del bene comune.
C’è chi ha interesse ed esperienza nel campo della comunicazione e usa opportunamente gli strumenti adatti come la radio, la televisione, i giornali.
C’è chi è competente circa la catechesi e regala ai fedeli buone occasioni per approfondimenti su importanti argomenti.
C’è chi s’interessa dei giovani e li aiuta a diventare buoni cristiani e onesti cittadini del mondo.
C’è chi dedica la propria vita ai vecchi, poveri, emarginati, stranieri, quelli rifiutati dai “sapienti” di turno, politici e non.
Ci sono i cosiddetti “preti di strada” che si fanno pesante carico delle debolezze e dei vizi degli sbandati, dei senza fissa dimora, e li aiutano ad inserirsi nella comunità civile.
Ci sono preti, e sono in maggioranza, che con fatica e pochi aiuti s’impegnano in ogni attività della Chiesa.
Noi dobbiamo ringraziarli tutti per ciò che fanno ogni giorno nel nome di nostro Signore Gesù Cristo e pregare per loro.
Dopo questa doverosa introduzione scrivo quanto segue.
Conosco un sacerdote da tredici anni che spende la sua vita a favore degli ammalati psichici, persone dimenticate o ignorate per convenienza, che “costano” molto dal punto di vista emozionale, fisico ed economico.
Appartiene all’Ordine dei Fatebenefratelli e il suo nome è Fra Dario. La nostra amicizia risale all’anno 2005 quando lui venne da Genzano di Roma in Ascoli Piceno, dove io sono residente, invitato dalle reverende Suore della Congregazione “Suore Ospedaliere del Sacro Cuore di Gesù”, presso la Casa di Cura San Giuseppe, per un corso di formazione rivolto agli operatori sanitari, durato otto mesi (un incontro al mese), per umanizzare gli interventi assistenziali a favore degli ammalati.
In quell’occasione fui presentata come partecipante al corso, essendo madre di un giovane autistico ricoverato che aveva scritto la sua esperienza di vita in un lungo racconto dal titolo “Pensieri azzurri”.
Su sua richiesta gli diedi una copia del testo e, nel mese successivo al primo incontro, mi disse che l’aveva letto e mi chiese se ero d’accordo per parlarne in pubblico, durante un incontro organizzato dall’Ufficio diocesano della Pastorale della Salute, in occasione della Giornata Mondiale del Malato ad Albano Laziale.
Lui era direttore di quell’Ufficio e io accettai la proposta.
Ricordo che visitai a Genzano di Roma l’Istituto ospedaliero dove erano ricoverati i disabili psichici e ne ebbi una forte emozione.
Negli anni successivi gli feci visita nei vari luoghi in cui svolse la sua missione mettendo sempre al centro della sua attenzione il malato, la persona intorno alla quale si concentravano tutti gli interessi.
In Croazia andai due volte quando fu mandato come direttore dell’Ospedale San Raffaele, l’unico ospedale cattolico di quel Paese; a Venezia più volte, quando era cappellano, poi quando divenne direttore dell’Ospedale e infine a Brescia come Priore Superiore, direttore dell’Irccs (Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico) dove sono andata recentemente, nel mese di agosto e di cui ho scritto la cronaca, pubblicata su Voce del 6 settembre.
Ho condiviso con interesse i suoi progetti, approvato le sue benefiche iniziative, ascoltato i suoi consigli, le sue fraterne correzioni per avvicinarmi sempre più a Colui che è il Centro della nostra vita, il Medico della nostra anima bisognosa sempre delle sue cure.
Fra Dario è un semplice prete, contento della sua vocazione, che riesce a trasmettere gioia, fiducia e speranza perché lui stesso vive nella gioia, nella fiducia e nella speranza di un mondo migliore.
Per Cristo, con Cristo e in Cristo lui vive e io gli auguro che sia sempre così per tutti gli anni futuri, fedele al suo mandato d’essere Luce e Sale nel mondo.

Adriana Verardi Savorelli

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