Cristoforo Baggiolini nacque ad Alessandria l’11 novembre 1796 (sebbene altre fonti riportino l’anno 1787).
Una volta terminati gli studi classici, si arruolò nell’esercito napoleonico partecipando alla campagna di Russia in un reggimento di granatieri.
Ferito in modo grave durante la ritirata, si batté comunque con valore tanto da guadagnarsi l’appellativo di «eroe della Beresina».
Dall’esperienza nella Grande Armata trasse spunto per scrivere due opere: De Clade Moskica ad Beresinam narratio historica e Commentari alla famosa spedizione di Moska guidata da Napoleone Bonaparte l’anno 1812.
A seguito della Restaurazione, venne reclutato nell’esercito sardo con il grado di sottotenente del battaglione di Tortona, e nel 1815 fece parte della spedizione inviata a Grenoble per sedare l’insurrezione bonapartista.
Abbandonata la carriera militare e indossato l’abito talare, entrò come ripetitore fisso di lettere greche, latine e italiane nel Real Collegio delle Province di Torino.
Sebbene non sia assodato il suo coinvolgimento negli scontri avvenuti davanti alla chiesa di San Salvario nel marzo 1821, Baggiolini aderì con entusiasmo ai moti carbonari.
Nominato capitano di Stato Maggiore dell’esercito costituzionale, fu fatto prigioniero dalle forze sabaude e tradotto a Pallanza.
Riuscì però a fuggire in Lombardia, ma venne scoperto dalla polizia austriaca e consegnato alle autorità piemontesi.
La sua posizione si aggravò a causa del ritrovamento di due opuscoli: Relazione di un carbonaro piemontese ad uno spagnolo sugli ultimi casi di Torino e Dialogo politico tra Machiavelli ed un piemontese.
La Reale Delegazione speciale di Torino lo condannò quindi al carcere perpetuo, oltre alla confisca dei beni.
Baggiolini fece ricorso al Senato, ottenendo la commutazione della pena in due anni di confino interno da scontare ad Aosta.
Successivamente riprese la carriera d’insegnante e venne chiamato da monsignor Alessandro d’Angennes al seminario arcivescovile di Vercelli in qualità di professore di retorica.
Nel 1848 non intervenne attivamente alle rivolte rivoluzionarie, ma scrisse comunque due libretti: Ai corruttori dell’opinione pubblica nella Venezia e nella Lombardia, in cui si scagliava contro i non-annessionisti, e Replica a T. Mora sugli agitatori veneti e lombardi.
Dopo l’unificazione assunse la carica di preside del ginnasio di Vercelli.
Studioso valente, a lui si devono importanti ricerche sull’eresia dolciniana e patarina e a proposito della storia politica e religiosa di Vercelli.
Stese anche alcune tragedie (Abelardo, Guiscardo e Tamar) e tradusse tutte le opere di Virgilio, nonché le epigrafi ebraiche del teologo Antonio Benone. Si spense a Vercelli il 3 dicembre 1872.
La sua città natale gli ha intitolato una via del quartiere Europa compresa tra corso Romita e via Galvani.
Mauro Remotti