Gino Bartali (Ponte a Ema, 18 luglio 1914 – Firenze, 5 maggio 2000) tra il 1943 e il 1944 salvò oltre 800 persone con il suo mezzo preferito: la sua bicicletta. Questo è raccontata nel libro di Simone Dini Gandini, autore di “La bicicletta di Bartali”: «L’autunno del ‘43 è stato uno dei momenti più terribili della guerra. Bartali iniziò a trasportare documenti falsi da Assisi, dove c’era una stamperia clandestina, al vescovo di Firenze che poi li distribuiva agli ebrei per farli espatriare. Percorreva 185 chilometri avanti e indietro in un solo giorno: se fosse stato scoperto sarebbe andato incontro alla fucilazione».
Il campione italiano venne anche arrestato dalla polizia fascista: «Nell’autunno del ‘43 Bartali venne arrestato: a Firenze c’era il temutissimo comandante Mario Carità, persona crudele e spietata. Venne fermato ma nessuno ispezionò la sua bicicletta: grazie a questa “dimenticanza” il campione si salvò. Ho voluto raccontare la sua storia per fare capire ai giovani lettori che l’eroismo e l’impegno civile esistono veramente».
Per molto tempo Bartali non raccontò a nessuno degli oltre 800 ebrei salvati dalla morte durante la guerra. Poi la confidenza al figlio Andrea con la raccomandazione di non raccontare nulla se non a tempo debito. Per questa vicenda, dal 2013 il nome di Bartali è scolpito nel marmo del Mausoleo della Memoria di Gerusalemme. Questo dopo che il campione toscano è stato nominato ufficialmente “Giusto tra le Nazioni”.