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Istituto Angelo Custode – Che cosa farebbe don Bosco al mio posto?

Suor Monica Odone, nata a Borgosesia, è diventata direttrice dell’Istituto Angelo Custode di Alessandria lo scorso 28 agosto. Sono 12 gli anni passati da lei a Valdocco: anni che le hanno permesso di conoscere e raccogliere i frutti di San Giovanni Bosco.

Suor Monica, come è nata la sua vocazione?
«Quando avevo 16 anni andavo ad Assisi a visitare la città. Lì ho incontrato lo sguardo di due frati e mi sono detta: “Loro non hanno nulla e sono felici, io ho tutto e non lo sono”. Poi la mia vita è proseguita, mi sono laureata in Lettere a Vercelli, e mi sono anche fidanzata. Poi è arrivata la Gmg del 2000 a Roma, dove mi sono resa conto che c’era qualcosa che non funzionava: ero insoddisfatta e sentivo che il Signore mi chiedeva di più, ma io non sapevo come comportarmi. Ho così iniziato un percorso di discernimento con il mio parroco dell’oratorio e dopo sono arrivata a capire che il Signore mi chiedeva un passo in più. Questo passo era la vita consacrata, la vita per Lui».

Come ha influito don Bosco nella sua vita?
«Se devo essere sincera ho avuto una prima influenza da Madre Maria Domenica Mazzarello. Ho conosciuto per caso le suore salesiane perché avevano tenuto un corso animatori nella mia parrocchia. E così ho cominciato a leggere la vita della Madre e mi ha affascinato. In un secondo tempo ho conosciuto don Bosco. Mi ha colpito subito l’amore incondizionato per i giovani, ogni respiro lo donava per la salvezza dei giovani. Di entrambi mi colpisce sicuramente il coraggio di fare tutto pur di raggiungere il bene per i loro giovani».

Dove ha ritrovato don Bosco nella sua vita?
«Ho ritrovato don Bosco nei miei 12 anni a Valdocco, quartiere di Torino in cui si vede la difficoltà dei poveri e degli immigrati. Questo mi ha permesso di poter accogliere gli ultimi. Mi sono sentita come il Santo alla sua epoca. Poi sicuramente ogni volta che mi scoraggiavo pensavo sempre a quante volte lui non si è rassegnato, oppure quando mamma Margherita voleva andarsene ma lui le mostrava il crocefisso per aiutarla a resistere. Ovviamente lo ritrovo tutti i giorni, se ho davanti a me un caso difficile mi chiedo sempre: “Cosa farebbe don Bosco in questa occasione?”. Anche la Basilica di Maria Ausiliatrice mi ha sempre accompagnato: nei miei momenti più difficili andavo davanti alla sua urna e pregavo».

È possibile oggi educare i giovani come faceva San Giovanni Bosco?
«Possibile sicuramente sì. Don Bosco aveva il compito di sfamarli, formarli e avvicinarli a Dio, mentre oggi mancano i valori. Valori che all’epoca invece c’erano, come possiamo leggere negli scritti che ritroviamo sul parroco. Oggi noi abbiamo il compito di far riscoprire ai giovani un modo di vita diverso, proprio quello che ci ha insegnato don Bosco. Sicuramente bisogna avvicinarli a Dio, perché sono molto più lontani oggi rispetto all’epoca».

Alessandro Venticinque

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