Vent’anni fa in Germania venne sottoscritta dai cattolici e dai luterani una dichiarazione congiunta sulla giustificazione: essa non ha chiuso ogni discussione ma ha posto una pietra miliare nel dialogo ecumenico. Sulle Lettere di san Paolo sono stati scritti migliaia di volumi. Sembrerebbe che ormai ben poco ci sia ancora da dire. Eppure, leggendo l’ultimo libro del biblista Antonio Pitta, intitolato Giustificati per grazia (Queriniana, pp 233, euro 18), si ha l’impressione di vedere qualcosa di nuovo. L’autore, attualmente pro Rettore della Pontificia Università Lateranense di Roma, indaga su un aspetto delicato del corpus Paulinum, quello legato al tema della giustificazione, cioè sulla modalità con cui il cristiano è reso giusto dal Signore. La narrazione è sorretta da una argomentata esegesi e da indagine piena di acribia, giungendo a spiegare che «la giustificazione non è una semplice dichiarazione sulla nuova conclusione umana, ma esprime un percorso salvifico compiuto in modo paradossale da Dio» (p. 53). In effetti, l’itinerario effettivo è un po’ diverso da quello che ci si aspetterebbe: «non si è prima riconciliati con Dio e quindi si è giustificati, ma poiché si è giustificati si è riconciliati ed esortati a lasciarsi riconciliare con Dio» (p. 64).
Questo è lo snodo centrale del libro: quello che conta è essere suoi figli. «Non che la giustificazione sia periferica, ma è funzionale alla figliolanza» (p. 97). Questa prospettiva non implica un disinteresse per il comportamento concreto: anzi, «i credenti sono esortati a servire la giustificazione, ricevuta per grazia, come le membra di un esercito per una battaglia a cui devono partecipare ogni giorno, sino alla definitiva partecipazione della risurrezione di Cristo» (p. 146). Questo processo può avvenire grazie al dono dello Spirito Santo, «che si trova all’origine della giustificazione sperata» e «guida coloro che sono stati giustificati verso l’eredità della vita eterna» (p. 196). Il sacramento che rende presente la giustificazione è il battesimo, che «non è solo la porta d’ingresso, ma anche quella d’uscita della condizione giustificata dei credenti» (p. 198). Il volume di monsignor Pitta aiuta a prendere coscienza di queste dinamiche, decisive per la vita spirituale, spesso non sufficientemente tematizzate neanche dagli adulti. Eppure, senza consapevolezza di essere figli, gratuitamente resi giusti dal Padre, fratelli di Gesù, animati dallo Spirito, non ci può essere piena vita cristiana.
Fabrizio Casazza