È davvero curiosa la coincidenza per cui in contemporanea due cardinali hanno scritto un libro sul medesimo tema. In effetti Angelo Comastri, Arciprete della Basilica Papale Vaticana, ha appena pubblicato con San Paolo “Le ultime parole di Gesù in croce” (pp 173, euro 15), mentre Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, ha dato alle stampe con Queriniana “Le sette parole di Gesù in croce” (pp 278, euro 20).Si può ben affermare che i due volumi non sono però doppioni: si occupano sì dello stesso particolare argomento ma lo fanno a partire dalla sensibilità, competenza e storia personale di ciascuno. Comastri, già parroco e vescovo diocesano, introduce il suo profilo pastorale e dona alla pagina un taglio esperienziale; Ravasi, illustre biblista, si rifà soprattutto all’esegesi e alla letteratura. Comastri evoca spesso la figura di santa Teresa di Calcutta, che ebbe la fortuna di conoscere personalmente fin da giovane sacerdote, mettendo in luce come la forza imprescindibile del suo apostolato fra i più poveri fra i poveri provenisse dalla preghiera, in particolare da quella prolungata davanti al tabernacolo. Si sentiva che il suo aiuto ai derelitti era un modo per rispondere al grido di Gesù morente: «Ho sete». Ravasi si reca spiritualmente sul promontorio roccioso di Gerusalemme, chiamato Golgota, nel primo pomeriggio del 7 aprile 30. Da lì parte il commento che condivide il presupposto del teologo tedesco Martin Kähler, secondo cui «i Vangeli sono in realtà un racconto della passione, morte e risurrezione di Cristo con un’ampia introduzione» (p. 17). Il tempo liturgico di Quaresima, appena iniziato, è un’occasione straordinaria di revisione e conversione. Leggere – anzi, meditare – i libri dei due cardinali è come percorrere la via dolorosa che conduce al sepolcro vuoto: meditare e condividere con gli occhi della fede la passione del Signore è la strada per prendere parte alla sua vita divina cominciata nel credente con il dono della giustificazione nel battesimo.
Fabrizio Casazza