Lo scorso 12 aprile si è svolto, nell’ambito dei Martedì di Quaresima organizzati dalla Diocesi in collaborazione, tra gli altri, con l’Unione Giuristi Cattolici Italiani, sezione di Alessandria, un incontro dal titolo “La riforma del processo di nullità matrimoniale nel contesto della pastorale familiare”. All’inizio della serata vi è stata l’inaugurazione dell’anno giudiziario del Tribunale ecclesiastico diocesano con la relazione annuale sull’attività giudiziaria tenuta del vicario giudiziale monsignor Massimo Marasini. L’inaugurazione annuale del tribunale ecclesiastico vuole presentare in modo ufficiale il lavoro svolto durante un anno di attività giudiziaria, ma in questo caso sancisce anche l’inizio di un percorso diocesano, reso possibile dalla recente riforma di papa Francesco, riforma illustrata da monsignor Alejandro Bunge, prelato uditore della Rota Romana. La riforma processuale pontificia voluta nel 2015 attraverso il motu Proprio “Mitix Iudex Dominus Jesus” ha costituito un tassello di un mosaico molto più ampio di atti magisteriali sui temi dell’amore e della famiglia, pensiamo per esempio all’“Amoris Laetitia”, che il popolo cristiano ha subito percepito come espressione coerente e accorata della premura apostolica del Santo Padre verso aspetti cosi fondamentali della vita cristiana.
A fronte del poco slancio dimostrato da parte del mondo canonistico, soprattutto europeo, il nostro Vescovo, monsignor Guido Gallese, e con lui monsignor Marasini, hanno accolto con convinzione la riforma di papa Francesco. Ne è seguito un anno di gestazione nel quale si è dovuto rinunciare alla collaborazione di alcuni e interfacciare lo scetticismo e l’indisponibilità di altri, ma infine il primo febbraio 2018 il Tribunale ecclesiastico diocesano di Alessandria è diventato operativo. Il suo organico è composto da monsignor Massimo Marasini come Vicario giudiziale e attualmente giudice monocratico, dal Cancelliere, responsabile della formalità degli atti, dal Difensore del Vincolo, dal Patrono stabile per l’assistenza dei richiedenti indigenti, da tre notai, e da cinque assessori, sacerdoti che coadiuvano nell’audizione dei testi e nella formulazione del giudizio il vicario, dall’economo e da un’addetta alla segreteria. La sua sede è situata e occupa due saloni al pian terreno di Palazzo Inviziati, il Vescovado. Senza dilungarsi in questioni tecnico-giuridiche, possiamo dire che il Tribunale viene chiamato a constatare secondo criteri di certezza morale se il matrimonio religioso celebrato, oggetto della specifica causa, sia valido o nullo secondo la dottrina della Chiesa, le leggi canoniche e la giurisprudenza della Rota romana. Tale procedimento viene attivato necessariamente da uno o tutt’e due i coniugi attraverso la presentazione di una petizione chiamata “libello” che già contiene una rapida sintesi degli avvenimenti e la proposta del capo di nullità individuato.
Se i contenuti della vicenda matrimoniale vengono condivisi e presentati da tutte e due le parti e presentano caratteri di evidente nullità si può adire ad un procedimento più spedito, il cosiddetto “processus brevior” davanti al Vescovo, secondo le norme innovative introdotte dalla recente riforma. Altrimenti si dà inizio al processo ordinario che chiede l’audizione delle parti e dei testi indicati, verbalizzate dai notai, eventuali perizie e l’intervento del difensore del vincolo e del patrocinatore (cioè avvocato) delle parti che può essere scelto liberamente oppure, in caso di comprovata indigenza economica, individuato d’ufficio nella figura del Patrono stabile a spese del Tribunale, questo per permettere a tutti di poter accedere allo stesso. Segue il momento del giudizio e della relativa sentenza che se affermativa e non viene impugnata per l’appello, diventa subito esecutiva e dichiara nullo il vincolo matrimoniale denunciato con tutte le conseguenze del caso e dispone la trascrizione del provvedimento sui rispettivi atti di battesimo.
La rapida sequenza delle fasi processuali nella realtà vissuta costituisce per le persone coinvolte un delicatissimo percorso dove la memoria interpella la coscienza e riporta a momenti della vita spesso dolorosi perciò queste narrazioni vengono ascoltate con rispetto e compassione affinché le necessarie formalità dello strumento giuridico non costituiscano una difficoltà o generino un imbarazzo ma esprimano un accompagnamento efficace nell’accertamento della verità. La presenza in diocesi del Tribunale interpreta il desiderio pastorale di una maggiore prossimità al fedele non solo intesa come la minore distanza geografica ma, soprattutto, come vicinanza personale. Attraverso la presenza del Patrono stabile è attivato un efficace servizio di consultazione che interagisce con gli organismi pastorali previi come la nostra “Locanda della misericordia” della quale monsignor Alejandro W. Bunge ha detto che rispecchia appieno la ratio sottesa alla riforma voluta da papa Francesco. Per concludere, il vicario monsignor Marasini ha illustrato i dati sull’attività del Tribunale diocesano di Alessandria. Nel 2018 sono state presentate 8 cause e presumibilmente entro l’estate corrente la metà arriveranno a sentenza. Relativamente ai capi di nullità invocati 3 riguardano l’esclusione dell’indissolubilità, 2 l’esclusione della prole e 1 la sacramentalità del matrimonio stesso. Nella considerare la durata di una causa va sempre considerato che le norme prevedono tempi obbligati per accertare il ricevimento delle varie comunicazioni tra Tribunale, parti, testi ed eventuali periti consistono dai 15 ai 60 giorni e addizionati nella sequenza processuale degli atti si contano in diversi mesi ma si cerca di non superare complessivamente il periodo di un anno.
Paola Debernardi