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“I tre pilastri”: stato, mercati e comunità

LA RECENSIONE

L’ultimo libro di Raghuram Rajan appena pubblicato da Egea

Tre sono i pilastri su cui si regge la società: Stato (struttura politica), mercati (struttura economica) e comunità (struttura sociale). L’ultimo aspetto è sicuramente il più trascurato in quanto quasi “fagocitato” dagli altri due. L’ultimo libro di Raghuram Rajan, appena pubblicato da Egea (la casa editrice dell’Università Bocconi), fi n dal titolo indaga precisamente sulle vie cui riportare equilibrio tra “I tre pilastri”, cosicché possa ripristinarsi una condizione di armonia e benessere diffusi. L’autore, docente dell’Università di Chicago ed ex direttore della Banca Centrale dell’India, coniugando la sua esperienza accademica con quella “sul campo”, vede nel trionfo dei nazional-populisti o della sinistra radicale un grave pericolo per il drammatico aumento di fratture che costoro provocano nella società. Per individuare possibili alternative la prima parte del libro è dedicata all’analisi storica, dalla quale emerge che la Chiesa ha rivestito un ruolo fondamentale nell’arginare le pretese dello Stato nei confronti dei singoli. Catastrofi naturali e progresso tecnologico costituiscono poi due fattori determinanti nei confronti dei cambiamenti sociali. La vita delle istituzioni va di pari passo con la prosperità finanziaria: in pratica “il consolidamento politico condusse all’integrazione economica” (p. 74).

Invece “se la ricchezza è concentrata in mano a poche persone che hanno stretti rapporti con il governo, è meno probabile che questo lavori a vantaggio dell’intera popolazione” (p. 109). Quando la storia cominciò a caratterizzarsi come storia di un popolo sorse un “dilemma che assillava i custodi del potere politico: bisognava tenere le masse fuori dai cancelli, nella speranza che facessero da baluardo alla loro rabbia, o lasciarle entrare nella speranza di riuscire a domarle?” (134 135). Il dubbio continua. Per recuperare un discorso di comunità “sembrerebbe che l’autocontrollo sia un attributo acquisito, scaturito dalla convinzione che il mondo sia stabile e affidabile” (289): un’attitudine educativa da parte degli adulti risulta indispensabile per dare un volto alla società. Una strada che non può mancare è il coinvolgimento delle realtà periferiche. “È dunque probabile che la decentralizzazione dei poteri alle comunità riduca l’apatia e costringa i loro membri a prendersi la responsabilità del proprio destino, invece di dare la colpa a un’amministrazione distante gestita dall’élite” (385).

In pratica “lo Stato non dovrebbe avere né così tanto potere da limitare eccessivamente il senso di autodeterminazione della comunità, né così poco da non poter ricondurre alla disciplina le amministrazioni locali palesemente corrotte, ridurre la diseguaglianza fra comunità in termini di opportunità economiche o creare quegli asset comuni che sono la base di un Paese forte” (388). Insomma, secondo questo ponderoso e interessante libro esistono delle possibilità di costruire un modello in cui Stato, mercato e comunità costituiscano un’unità organica che abbia la persona umana e il bene comune come riferimenti fondamentali.

Fabrizio Casazza

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